Le attività equestri sono particolarmente indicate nella sfera dell’età evolutiva, tanto più se il praticante è affetto da forme di disabilità o disarmonie; in questo caso si potranno valutare percorsi specifici alle personali caratteristiche del soggetto che potranno prendere la strada dell’ippoterapia tradizionale (in genere rivolta a gradi di disabilità medio –grave) o dell’Equitazione Integrata® per coloro che presentano difficoltà meno evidenti, sicuramente nell’area delle problematiche relazionali, intellettive e del disagio in genere.

Sebbene le Terapie mediate dagli animali non siano riconosciute alla pari delle terapie ufficiali, quelle dove il cavallo fornisce il suo apporto si possono rivelare utili per migliorare le condizioni del disabile sul fronte dell’equilibrio, della postura, della mobilità articolare e nella normalizzazione del tono muscolare, fino ad essere estremamente importanti nella coordinazione dei gesti e dell’organizzazione spazio-temporale, garantendo inoltre ottimi benefici a livello psicologico e dell’interazione sociale.

Il contatto con un animale e le referenze che si possono sviluppare rapportandosi con esso, aiuta a rompere quell’isolamento che caratterizza molti bambini con deficit della comunicazione o scarse interazioni sociali.

Nell’area più squisitamente riabilitativa, le attività equestri (ippoterapia) sono particolarmente indicate come percorso terapeutico delle lesioni neuro-motorie: la particolare andatura del cavallo al passo oltre a rinforzare e a migliorare la tonicità della muscolatura, simula alla perfezione il cammino umano, con grande beneficio per chi non è in grado di deambulare autonomamente.

La posizione del cavaliere in sella permette il raddrizzamento capo-tronco e l’equilibrio, e nei soggetti spastici stimola il rilassamento degli arti. Oltre a favorire scioltezza e coordinazione dei movimenti, condurre il cavallo impone al giovane disabile di migliorare i tempi di attenzione e di reazione.

Nelle problematiche di tipo intellettivo, come ad esempio la Sindrome di Down, l’essere a contatto con un animale, per sua natura imprevedibile, stimola una serie di attività intellettive come concentrazione, memoria, stabilità emotiva, tranquillità e fermezza di carattere; ed è proprio attraverso la scoperta e lo sviluppo di tali doti che il bambino diversabile, generalmente isolato e poco responsabilizzato, riesce a migliorare il rapporto con se stesso e con gli altri e soprattutto ad acquistare maggiore autonomia.

La cura del cavallo e tutte le attività a terra che vengono man mano proposte, stimola movimenti finalizzati, migliora la coordinazione dei gesti, e permette non solo l’acquisizione di una coscienza della propria corporeità come realtà individuale, ma di appropriarsi dello schema corporeo fine.

In linea generale gli obiettivi che possono essere raggiunti nelle attività equestri adattate alle situazioni di handicap o disagio rientrano in quattro differenti aree per lo sviluppo di nuove abilità e competenze:

AREA COGNITIVA: Grazie ad una mole particolarmente di impatto, il cavallo suscita naturale interesse nel bambino; l’attrazione che sovente scatena una motivazione nell’essere partecipe alle attività mediate stimola il desiderio di conoscenza e di partecipazione. Questo è proprio il primo passo che da inizio ad un percorso di tipo educativo o riabilitativo vero e proprio.

Il contesto di maneggio offre sicuramente un ampio ventaglio di opportunità di scoperta e di interiorizzazione di nuove esperienze, implementando le esperienze sensoriali e relazionali e contribuendo all’equilibrio psico-fisico dei giovani praticanti.

AREA PSICOLOGICA SOCIALE E RELAZIONALE: L’animale è un soggetto presente ed attivo nella relazione empatica che si va a creare dal primo incontro; crea tra sé e il bambino uno scambio reciproco, fatto di emozioni e stimoli che provocano cambiamenti ed effetti positivi in entrambi: i cambiamenti che possono scaturire da questa relazione devono essere convogliati da una progettazione specifica e da procedure operative progressive, verificabili e misurabili. Solo a quel punto si può parlare del valore beneficiale di una relazione che produce le cosiddette “referenze”.

La responsabilizzazione si realizza quando l’aspetto affettivo porta ad accudire naturalmente  l’animale, obbligando il giovane praticante ad un alto livello attentivo ed a svolgere mansioni importanti per la sua maturazione; il momento di cura e pulizia del cavallo (l’epimelesi) diventa così un piacevole dovere nel curare il proprio compagno ma anche una sorta ricompensa per il divertimento che l’animale garantisce al cavaliere quando monta in sella.

Tutti questi lavori a terra, proposti in sinergia con la pratica in sella vera e propria, alimentano lo sviluppo dell’autostima permettendo al soggetto di acquisire una reale e positiva immagine della propria persona e del proprio valore individuale. Questo aspetto acquista un fondamentale valore se pensiamo al bambino disabile che, all’interno di una classe è sempre percepito in una condizione di eterna emarginazione (diretta o indiretta), o comunque di “inferiorità” dai compagni: il praticare una attività particolarmente d’impatto come quella del cavallo può finalmente aiutare nel bilanciare i rapporti, permettendo altresì l’acquisizione di un ruolo in cui non è più inferiore.

A differenza dell’ippoterapia, l’Equitazione Integrata® è quindi un intervento di tipo educativo che, in quanto tale, si basa sulla relazione sfruttando il contesto ludico ricreativo di maneggio. Assume un ruolo essenziale la motivazione che il cavallo riesce a suscitare e la precisione delle risposte che richiede per essere cavalcato.

Ma quali obiettivi possono essere raggiunti in un ambiente educativo dove si propone il cavallo come elemento per superare le difficoltà?

Relativamente ad una accurata valutazione dei bisogni del soggetto e delle sue personali caratteristiche (punti di forza e deficit) è possibile:

-agire sul tatto e la propriocezione (attraverso il contatto fisico e il rapporto diretto con l’animale e con il suo modo di muoversi);

-migliorare la motricità grossolana e fine (nelle operazioni di pulizia e di sellaggio);

-migliorare la stabilità motoria, la sequenzialità e coordinazione dei movimenti;

-agire sull’autostima (la capacità di controllare un animale decisamente grande favorisce un ritorno d’immagine positivo);

-rafforzare l’affettività e migliorare le competenze relazionali attraverso l’interattività con l’animale grazie al tipo di comunicazione basato su gesti, sguardi, contatto fisico, ma anche su regole e controllo del comportamento e dell’emotività;

-aumentare la tolleranza alla frustrazione;

-migliorare la socializzazione: il maneggio è luogo pubblico, sede di svolgimento di attività ludico ricreative, in cui è possibile ritagliare momenti di gioco, di interazione e di socializzazione con gli altri;

-favorire la responsabilizzazione attraverso l’accudimento dell’animale

-finalità ludiche e ricreative essenziali al corretto sviluppo del bambino

-migliorare le capacità di adattamento, affrontare positivamente situazioni nuove, sviluppare la propria autonomia, per imparare a poco a poco a generalizzare tali acquisizioni e “trasferirle” anche nella vita quotidiana;

-offrire ai bambini, ma anche agli insegnanti e educatori alcuni stimolanti spunti di integrazione, coinvolgendo tutta la classe in un’attività educativo – esperenziale (tra l’altro molto ambita) nella quale il bambino svantaggiato si senta protagonista attivo.

Questi sono alcuni dei tanti benefici che il cavallo può fornire ove vi sia un bisogno speciale: un’opportunità unica che unisce lo sviluppo di abilità residuali con l’aspetto empatico-affettivo e relazionale, non da ultimo il piacere di fare un’attività all’aria aperta e con un compagno magico!