Quando si incontra per la prima volta un nuovo utente (o gruppo) non esitiamo ad affidarci all’operatore di riferimento se l’attività è promossa in concertazione con un ente di riferimento (scuola, centro diurno per disabili, centro di aggregazione giovanile o di Intercultura).

Non è obbligatorio iniziare da subito ad essere iper-stimolanti con molte attività, anzi. Uno o due interventi introduttivi (a parte quelli che si spera siano stati svolti con attività referenziali) sul campo per conoscere l’ambiente, orientarsi efficacemente e per osservare gli animali sono ulteriormente importanti per osservare eventuali soggetti difficili, diffidenti o timorosi ed eventualmente valutare in sede separata come affrontare la situazione.

Prima di iniziare qualunque intervento, sia esso referenziale o relazionale, con un nuovo utente è importante presentarsi in modo amicale, raccontare quello che facciamo nella vita e lo scopo (generico) del nostro appuntamento con lui; il raccontargli una nostra storia, avvalorata anche da foto o riferimenti tangibili sul campo, può facilitare l’apertura della persona nei nostri confronti, la quale potrà ricompensarci con una (o la sua) storia…il miglior presupposto per guadagnarsi la sua fiducia.

Dal punto di vista relazionale è importante sapersi adattare ai nostri interlocutori con un linguaggio adeguato, capibile, proponendosi in maniera rispettosa ma non particolarmente formale; l’utilizzo del Tu è in genere il più indicato se si interagisce con persone –anche adulte- con deficit cognitivi, se si approccia con persone adulte anche anziane meglio il Lei, che potrà diventare Tu dietro esplicita richiesta della persona.

L’utilizzo del ponte animale può rivelarsi veramente facilitante nel tirare fuori argomenti ed attivazione relazionale; una obbligatoria predisposizione empatica e interattiva del mediatore, sostenuta dalla necessaria esperienza faranno il resto.

Fare domande dosate sul “qui ed ora”, verbalizzare le nostre azioni o le emozioni o comportamenti (nostri, dell’utente, del cavallo) possono permetterci di valutare la predisposizione a comunicare e abilità intellettive del nostro utente; la stessa cosa per domande (non troppo personali!!) riferite al passato recente o a lungo termine.

L’ascolto attivo e partecipe è di fondamentale importanza per rendere gli incontri densi di empatia, accettazione e potenzialità, senza giudicare con frasi definenti ma interloquendo in modo assertivo per stimolare la conversazione e canalizzare i discorsi in chiave positiva ed educativa.

Di fronte a possibili richieste che eccedono dal nostro incarico o progetto, il consiglio è quello di giocare a carte scoperte, senza fare false promesse o garantendo attività o situazioni non realizzabili: meglio esprimere dispiacere per non poter venire incontro a queste richieste ma –se ci sono i presupposti- canalizzando le potenzialità su attività o eventi realizzabili con risposte le più oneste possibili.

In sintesi, il nostro lavoro dovrebbe concentrarsi sul facilitare, stimolare nuove abilità, creare autostima ed efficacia personale e piacere attraverso:

    • L’approvazione e l’elogio di comportamenti ed attività positivi o raggiunti con il giusto impegno, evitando di giudicare negativamente o concentrare l’attenzione sull’incapacità nel fare (risposta a richieste non opportunamente calibrate e programmate che annientano la persona senza farla crescere);
    • Rassicurare, sostenere e consolare di fronte ad eventuali criticità o paure, eventualmente suggerendo possibili soluzioni o aiuto nel superarle;
    • Assumere un comportamento assertivo, non di comando imperioso sebbene in alcuni casi si debba suggerire con modalità prescrittiva la sequenza delle attività per oggettiva difficoltà della persona;
    • Persuadere con la logica senza imporre il nostro pensiero.