Spesso capita di lavorare con utenti particolarmente timorosi ad affrontare le novità o semplicemente rigidi nell’accettare situazioni ritenute potenzialmente pericolose.

Nell’incontro con il cavallo queste criticità possono evidenziarsi con una certa enfasi soprattutto nelle prime fasi dell’avvicinamento o durante la richiesta di nuove proposte non conosciute dall’utente che creano una certa ansia come, ad esempio, le prime salita in sella.

Ansia, timore, paura, terrore; termini che prevedono definizioni specifiche e che, pur similari tra loro, manifestano caratteristiche proprie, in un crescendo di reazioni e comportamenti che, se non gestiti al meglio o previsti come possibile variabile in una relazione d’aiuto, rischiano di screditare un intervento educativo.

Ma cos’è la paura e come può manifestarsi durante una attività in sella o nel solo contatto con il cavallo?

E’ forse la risposta emotiva per eccellenza, quella difesa primordiale che permette alla persona che si sente “minacciata” di sviluppare una complessa reazione picologica e fisiologica (e del sistema nervoso autonomo) per garantire la sopravvivenza; in queste circostanze la nostra parte più arcaica ci pone di fronte a due soluzioni: “combatti o fuggi”.

Il meccanismo è particolarmente complesso e la sua efficacia e immediatezza nella reazione sono determinanti per tutelarci e preservarci nelle situazioni rischiose.

E’ proprio la percezione soggettiva di una situazione che suggerisce il tipo di comportamento da attuare; l’interpretazione della realtà è determinata dalle esperienze precedenti, dal livello di conoscenza o da un certo pregiudizio, spesso inculcato dagli altri.

La paura in genere si manifesta di fronte a situazioni nuove ed impreviste; spesso inibisce la persona rendendola particolarmente incapace di connettere o fare qualcosa. Nel lavoro con disabili si può manifestare attraverso la fuga o l’evitamento, meno frequentemente con l’insorgere di comportamenti problema, come l’autolesionismo.

In una attività di rieducazione equestre promossa seriamente è difficile raggiungere livelli di paura-terrore tali da mettere in una condizione di puro disagio l’utente: questo perché l’intervento (modalità, tempistiche, obiettivi, progressione, valutazione dei ritorni ecc…) è studiato sin dalla presa in carico della Persona e la competenza del Tecnico indirizza sempre le esperienze nella sfera positiva grazie alla sua figura di mediatore facilitante.

Il timore nell’affrontare alcune situazioni è normale in molti utenti deboli: in queste occasioni la sola presenza della figura di riferimento o una sua parola di sostegno possono fare veramente molto…  In aggiunta, la progressione delle attività e la capacità di rimodellare una proposta -magari proponendo attività più semplici o già conosciute dall’allievo- convogliano questi possibili momenti di crisi e permettono il superamento dell’ansia per una efficace ri-partenza.

Diventa così particolarmente importante la capacità previsionale associata ad una rigida progressione educativa che va dal facile al difficile, dal noto all’ignoto; in una relazione d’aiuto, soprattutto in rieducazione equestre dove la variabile cavallo può scatenare situazioni imprevedibili è chiaro che possano verificarsi momenti di regressione. Non dimentichiamo che, sebbene idoneo per indole, mole, età ed addestramento, resta sempre un animale che in particolari situazioni reagisce con l’istinto della preda!

Il tempo diventa così una variabile fondamentale ma non determinante: il buon educatore deve saper osservare, capire, interpretare e spesso accontentarsi delle riposte del nostro allievo senza però dipendere da una rigida scansione temporale per il raggiungimento di obiettivi educativi.

Lo stesso buon educatore è inoltre in grado di distinguere l’ansia dalla paura: due emozioni simili, spesso progressive ed evolutive, ma differenti!

Il nostro suggerimento di fronte ad una espressione di paura è quello di stimolare il nostro allievo a verbalizzare le proprie emozioni e facilitare una personale interpretazione delle cause che hanno creato la reazione; di seguito sarà necessario tornare sui nostri passi proponendo attività ed esercizi più semplici e facilmente gestibili emotivamente senza obbligare l’allievo a fare ciò che non si sente capace di affrontare.

E’ un continuo rimettersi in gioco. Accogliere con soddisfazione i progressi raggiunti ma soprattutto accettare i momenti di stallo o regressione, soprattutto quando dettati da paure più o meno esplicite verso il cavallo o sue reazioni “strane”ed individuare nuovi stimoli per riprendere in mano le redini dell’interazione efficace e positiva.

Va da se che se il lavoro alla base è stato svolto con competenza, serietà, “lento pede” e progressione diventerà molto più semplice riassorbire queste situazioni.