Tra le tante iniziative promozionali attuate dai maneggi per attirare nuovo pubblico il battesimo della sella è forse l’azione più efficace nell’intento di favorire l’adesione di nuovi utenti alla scuola di equitazione.

Ma cos’è il battesimo della sella? Non è altro che la possibilità data da un’organizzazione equestre di far provare per la prima volta l’ebrezza dello stare a cavallo.

Ovviamente non si tratta di una lezione di prova: è semplicemente un giretto a cavallo o sul pony che viene proposto per avvicinare i più piccoli all’equitazione o per far vivere un momento ludico fine a se stesso.

Volantinaggio, couponing, passaparola… Molte sono le azioni per avvicinare all’equitazione nuovi potenziali fruitori. Il battesimo della sella ha però una marcia in più: l’opportunità di provare a montare in sella al cavallo e valutare sin da subito l’opportunità di intraprendere un percorso entusiasmante a contatto con un magnifico compagno di avventura!

In genere questa azione viene realizzata durante “open day” o manifestazioni promozionali che organizzano i diversi centri ippici, spesso direttamente presso i loro impianti sportivi, in certi casi fuori dal contesto di maneggio, all’interno di feste, fiere di paese o manifestazioni a più ampia portata.

In questa sede non vogliamo toccare il tema delle attenzioni in materia di sicurezza e gestione amministrativo-burocratica nel proporre iniziative di battesimo della sella: desideriamo puntare l’attenzione sulle tipologie di utenza sulle quali si desidera lavorare.

Proprio per il fatto che la tematica di EQUITABILE® è rivolta al valore beneficiale del cavallo e dell’equitazione integrata® nel supporto delle disabilità e debolezze in generale, riteniamo importante concentrare l’attenzione proprio su questa tipologia di utenza, nella speranza di far passare un messaggio chiaro e -soprattutto- che faccia aprire gli occhi di fronte ad alcuni pressapochismi “socio-culturali” e spesso “tecnici” che dovrebbero essere considerati.

Il battesimo della sella come occasione di inclusione di giovani disabili: pro e contro

giro-a-cavalloQuale occasione migliore di realizzare una festa o manifestazione per attrarre nuovi potenziali utenti disabili al mondo del cavallo e dell’ippoterapia (?!?) con un battesimo della sella?

Luogo comune di molti “sempliciotti” è quello che se vogliamo attirare, dobbiamo far provare… Cosa sarà mai un giretto a cavallo (ovviamente tenuto a mano da personale competente, magari tecnici abilitati) per far divertire anche i “bambini” disabili?

All’interno di fiere equestri -anche importanti e di portata nazionale- si assiste ad iniziative di battesimo della sella “speciale” promosse da volontari per dare l’opportunità a particolari fasce della popolazione di fare un’esperienza equestre.

Spesso si tratta di azioni “arrangiate alla bene e meglio” dove non sono previsti (o messi a disposizione dal coordinamento) spazi adeguatamente strutturati -diremmo cintati, magari con un fondo adeguato, e senza sufficienti ausili e sistemi di protezione. “La strada delle buone intenzioni è lastricata di errori!” direbbe qualcuno…

In molte circostanze ci siamo trovati anche noi a dibattere sull’argomento all’atto della programmazione di eventi volti all’inclusione dei più deboli, spesso dovendo prendere posizione in modo forte per sostenere alcuni principi che i non “addetti ai lavori” spesso non conoscono o sottovalutano.

E’ bella l’idea di creare occasioni di normalizzazione e integrazione, ma bisognerebbe sempre tenere in considerazione che, promuovendo una iniziativa equestre di battesimo della sella esplicitamente rivolta a bambini e giovani con bisogni speciali, potranno aderirvi i soggetti più disparati, spesso caratterizzati da sindromi o patologie controindicate per l’attività in questione, per le quali non è assolutamente detto che un tecnico, ancor meno un semplice volontario, si sappia districare.

Cosa facciamo: creiamo l’handicap?

Un esempio: la stessa Sindrome di Down (ritenuta da “alcuni” come una semplice situazione da gestire in sella) prevede delle potenziali condizioni congenite per le quali sono necessari appositi accertamenti clinici prima di mettere per la prima volta in sella.

Alcuni diranno: “Roberto, sei un po’ troppo puntiglioso. Cosa sarà mai un giretto a cavallo?”

In media, una persona su dieci con Sindrome di Down, pur simpatica, interattiva, decisa nel prendere una posizione e dichiarare una volontà nell’accettare di vivere una esperienza equestre, pur abile che sia può essere caratterizzata da un problema alla colonna cervicale che, a fronte di un movimento brusco del cavallo (scarto, spavento o scossone) potrebbe creare una riflessa iperflessione o iperestensione del capo con conseguente possibile recisione dei centri del respiro e tragiche conseguenze.

Non accadrà certamente nulla –vogliamo sperare- in un “semplice” giretto a cavallo effettuato in una fiera di paese, ma se i genitori di questo bambino Down apprezzando la “bella” esperienza chiederanno informazioni per iniziare l’attività equestre in modo strutturato (e speriamo serio) magari in un centro di ippoterapia, cosa penseranno quando verrà chiesto loro di sottoporre il loro congiunto a radiografie della cervicale accennando le possibili conseguenze a seguito di un movimento brusco del cavallo?

Nella migliore delle ipotesi penseranno che chi ha proposto il battesimo della sella al loro figlio era un pirata!

Qualora lo stesso bimbo risultasse realmente positivo alla sub-lussazione atlanto assiale, al netto della presa di coscienza del rischio potenzialmente vissuto, come potrebbero far capire allo stesso bimbo che quanto gli era stato concesso come prova e magari promesso come attività continuativa, non potrà essere realizzata? Ci sembra la famosa storia del far annusare la torta senza farla assaggiare…

Lasciando da parte le “patologie”, pensiamo solamente a soggetti con difficoltà cognitive o problemi di tipo comportamentale, relazionale o di interpretazione della realtà circostante (es. autismo).

obbligareDi fronte ad alcuni giovani che all’atto dell’avvicinamento al cavallo per il loro battesimo della sella manifestano comportamenti inadeguati, blocchi, timori o pianti… come comportarsi nell’imbarazzo generale? Obbligarli? Provarci fino a un certo punto per poi “mollare il colpo”?

Come avrà vissuto l’esperienza il diretto interessato catapultato in una situazione che non ha previsto un adeguato avvicinamento? Come avranno vissuto la situazione i genitori e le persone che hanno assistito alla scena?

Chi ha progettato l’iniziativa –qualora accadano situazioni come quelle sopra descritte- ha raggiunto appieno l’obiettivo dell’inclusione sociale e dell’immagine positiva della persona disabile sostenuta dall’Anno Europeo 2003? Ha lavorato per il pieno rispetto di questi bambini e della loro dignità?

Non vogliamo apparire come quelli che trovano sempre problemi e criticano gratuitamente il lavoro (spesso nobile) di altri; desideriamo solo sostenere alcuni principi che potranno certamente essere valide occasioni di riflessione e confronto.

Qualora si voglia promuovere un’iniziativa espressamente aperta a soggetti con bisogni speciali probabilmente sarebbe il caso di proporre attività alla portata di tutti e talmente semplici ed adattabili da non portare a situazioni come quelle sopra descritte.

Il lavoro di programmazione, progettazione e di pianificazione sarà dunque estremamente importante.

Caso diverso è la situazione del “generico” battesimo della sella promosso per il largo pubblico dove potrebbe -giustamente- inserirsi il bambino con problemi o caratterizzato da evidenti deficit.

Il buon senso (merce rara nel mondo equestre) dovrebbe far da padrone ed un confronto preliminare con i genitori (e magari un loro aiuto nella prova pratica) all’atto della registrazione potrebbe essere la strada maestra, quella che certamente non chiuderà le porte (creando l’ostacolo…l’handicap) alla normalizzazione ma che dovrà prevedere particolari attenzioni senza condurre ad evidenziare differenze di sorta.