Fa parte delle convinzioni comuni pensare che l’ippoterapia sia ideata e destinata solo per andare incontro alle esigenze di sostegno e integrazione delle persone disabili. In realtà molti disagi psicologici possono essere trattati con le attività mediate dal cavallo in qualità di terapie sostitutive o integrate a una più tradizionale psicoterapia, come già suggeriva Ippocrate di Coo (460-370 a.C.) che riteneva il nobile animale adatto come cura per l’ansia e la depressione.

C’è anche un vecchio detto inglese che afferma, infatti: “All I pay my therapist is the cost of feed and hay and he’ll listen to me everyday”, che significa “Pago al mio terapeuta mangime e fieno e lui mi ascolta ogni giorno”.

Fu nel 1960 e grazie al suo cane, che lo psicologo Boris Levinson scoprì fortuitamente che un suo giovanissimo paziente autistico interagiva con facilità con i cani, dando così origine alla pet therapy, la terapia con gli animali, ormai piuttosto diffusa e i cui risultati benefici sono comprovati. Nata come terapia con i cani e successivamente con i delfini, la pet therapy include a pieno titolo anche l’ippoterapia, nonostante le dimensioni del cavallo, con i conseguenti limiti di gestione dell’animale (per non dimenticare i costi di mantenimento) lo rendano meno utilizzato in tal senso rispetto ad altri.

Attualmente negli USA esiste addirittura un filone dell’ippoterapia che si occupa nello specifico della guarigione emotiva di donne che abbiano subito abusi di natura psicologica e sessuale. Esiste anche quella che viene definita equine assisted therapy (terapia equina assistita) che prevede, al posto della tradizionale psicoterapia, sedute con i cavalli: è stata formalizzata nel 1990 col nome di “Equine Assisted Growth and Learning Association” (EAGALA) e ha la propria base in Sanaquin (Utah).

Il direttore esecutivo di EAGALA, Lynn Thomas, afferma con saggezza riguardo la terapia col cavallo: “It becomes metaphorical. The horses aren’t horses, they’re what they represent to the client”. La terapia assume un significato metaforico. I cavalli non sono più cavalli: sono ciò che rappresentano per l’utente.

Disagi psicologici: in quali casi si può consultare il terapeuta…cavallo?

Disagi psicologici che possono trovare una valida cura nella relazione col cavallo sono situazioni come l’esaurimento nervoso, le già citate ansia e depressione, i disturbi del comportamento alimentare, la scarsa autostima, i problemi di relazione: situazioni che spesso si trovano in un territorio di confine, che spesso vengono sottovalutate, che non sempre sono considerate malattie e che di certo non sono catalogabili come forme di disabilità.

Tuttavia sono situazioni limitanti, che compromettono profondamente la qualità della vita rendendola essenzialmente priva di interesse o troppo difficile da affrontare, generando una serie di problemi collaterali quali insonnia, forte stress, tristezza profonda, incapacità di vivere le relazioni sociali. Il cavallo (e la sua gestione) sembra fatto apposta per fronteggiare tutti questi aspetti.

emotività e cavalliIn generale le attività manuali e pratiche aiutano a gestire lo stress, accrescono la consapevolezza di sé, migliorano l’autostima. Il contatto con la natura e gli animali garantisce un’occasione in più per spostare l’attenzione del paziente dalle proprie ossessioni alle esigenze del cavallo, portandolo a concentrarsi su qualcosa di diverso dai propri ragionamenti stereotipati e consentendogli una tregua dai propri problemi.

Il cavallo-terapeuta acquista la funzione di “diversivo”, di elemento di distrazione. Gli animali, inoltre, garantiscono tenerezza, affetto, accettazione, assenza di giudizio. Uno dei valori aggiunti dell’ippoterapia rispetto alle altre forme di pet therapy è che implica attività fisica, contribuendo alla produzione di endorfine, dopamina, serotonina, noradrenalina… tutte sostanze che hanno effetti benefici sull’umore della persona.

Il cavallo, secondo Freud, esprime la manifestazione di un desiderio di libertà. Per Jung rappresenta la figura materna e femminile.

Inoltre il cavallo è, per sua natura, una preda: non è dunque un essere aggressivo per indole e si presta a maggior ragione a un ruolo di sostegno attivo, grazie al rapporto di fiducia e lealtà che viene a creare. Offre situazioni di conversazione, gioco, ilarità: di interazione e integrazione con gli altri, risultando utile nelle situazioni di disagio sociale. Garantisce in questo modo un valido sostegno per affrontare lo stress quotidiano, aiutando a superare le disarmonie e offrendosi come moderatore dei disagi psicologici interni ed esteriorizzati, supportando situazioni di esaurimento nervoso e di depressione.

Avere a che fare con un cavallo abitua a gestire qualcosa che sfugge completamente alla nostra volontà, avendone lui una sua propria. Il cavallo esce dagli schemi (è grande ma timoroso) e mette in difficoltà quei pazienti – come coloro che soffrono di depressione – che sentono il bisogno di controllare tutto.

Questo risultato, però, viene ottenuto in una maniera estremamente positiva e delicata: il cavallo ha un atteggiamento non giudicante (così come dovrebbe essere quello di un buon terapeuta umano) e induce a sviluppare una relazione al di fuori di sé in cui il paziente si sente pienamente accettato. Agisce anche da tramite per le relazioni sociali, producendo un dialogo e un’interazione profonda e rendendo l’ippoterapia una terapia di carattere relazionale in cui sono fondamentali la concentrazione verso l’altro (l’animale) e la presa in carico delle responsabilità (le esigenze del cavallo).

Nella terapia col cavallo i sentimenti di ansia, frustrazione e paura sono validati. La terapia si rivela dunque particolarmente utile per coloro che sono sensibili alle critiche: mano a mano che aumenta l’abilità col cavallo cresce la fiducia in se stessi.

Impazienza, nervosismo e ansia vengono disciplinati nella relazione col cavallo grazie al fatto che ci vuole tempo per acquisire le abilità necessarie  ad essere autonomi nella sua gestione.

Poteri benefici e terapeutici dell’interazione con il cavallo

Il cavallo garantisce e racchiude in sé una terapia fisica e psicologica. Consente una stimolazione fisica e tattile. La ritmicità delle sue andature comporta movimenti prevedibili e rassicuranti, che richiamano ricordi ancestrali dell’essere cullati o accarezzati ritmicamente. L’attività fisica del montare a cavallo allena vari distretti muscolari generando una stimolazione fisica intensa e consentendo una presa di coscienza di sé e del proprio corpo.

empatia a cavalloIl cavallo possiede poi delle qualità che presiedono al processo di attaccamento: il calore, la morbidezza, l’odore particolare, gli occhi grandi. Prendersene cura risulta gratificante e genera un senso di reciproca necessità. Avere a che fare con un cavallo provoca emozioni intense e un forte coinvolgimento emotivo, manifesto soprattutto durante il processo di apprendimento: è un animale che rappresenta infatti l’indipendenza e l’autostima e risulta utilissimo nei processi di autocontrollo e nelle relazioni oltre che per lo sviluppo della forza di volontà. Le dimensioni del cavallo incutono spesso timore: il paziente è quindi sfidato, in un ambiente protetto, a sfidare la paura.

Non bisogna dimenticare che il cavallo, in quanto essere vivente, vive stati d’animo ed emozioni proprie:  una delle rivelazioni più sconvolgenti (e più significative) per il cavaliere-“paziente” è verificare che il cavallo (che può facilmente incutere timore e soggezione anche solo in virtù della propria mole) percepisce la paura come noi, così come una varietà di stati d’animo in cui ci possiamo riconoscere. Molto spesso, anzi, questi sono lo specchio di quelli che prova l’umano che si relaziona con lui: si genera così un’identità e una comunione del sentire.

Il cavallo usa un linguaggio non verbale che il praticante può decodificare; nell’animale si legge facilmente l’emozione del suo interlocutore con un effetto benefico su quest’ultimo che, comprendendo come funziona il cavallo, capisce anche il proprio funzionamento e le dinamiche sociali intorno a sé. Il fruitore ha modo di comprendere anche come il proprio stato d’animo influenzi gli altri e impara così a modificare i propri comportamenti per lavorare con questi animali (e successivamente per interagire con le persone) in maniera efficace. Tutto questo è molto rassicurante per il paziente, che sviluppa un senso di protezione e responsabilità verso l’animale e accresce la propria autostima e la fiducia in sé, oltre a migliorare la propria capacità di relazione.

Coccolare e prendersi cura di un cavallo, inoltre, produce reazioni di apprezzamento da parte dell’animale che si traducono in una profonda gratificazione della persona.

dott.ssa Valeria Foglino
Mediatore Equestre EQUITABILE® e blogger