Prendiamo spunto dalla richiesta di una nostra nuova lettrice che ci domanda a cosa serve l’ippoterapia per dare una risposta semplice ed il più possibile completa.

Il montare a cavallo è stato suggerito sin dai tempi antichi per contrastare alcune patologie e stati di malessere come l’insonnia o l’ipocondria.
Gli albori alchimistici della proposta equestre ai fini del recupero psicofisico delle persone sono stati superati in epoca moderna con studi sistemici e scientifici che hanno confermato quanto ipotizzato empiricamente nel passato.

L’ippoterapia, sebbene sia annoverata tra le co-terapie, risponde ad una serie di bisogni non solo sul fronte neuromotorio ma anche sotto il profilo psicologico e relazionale.

Quando ci viene chiesto “a cosa serve l’ippoterapia?” rispondiamo partendo dal cavallo paragonandolo ad una prolunga.
Da un lato -pur essendo un essere grande ed imponente- è un animale che presenta bisogni ed attenzioni particolari (accudimento, alimentazione, pulizia, protezione…) che inevitabilmente implicano una certa partecipazione attiva; il coinvolgimento di soggetti deboli nel mettersi a disposizione di un essere che presenta dei bisogni va ad implementare aspetti riconducibili all’autostima, auto-attivazione, senso di efficacia personale, con tutto ciò che ne consegue su più fronti:

•    sostegno nell’incentivare l’iniziativa autonoma;
•    sviluppo dell’attenzione, precisione e consapevolezza nelle esercitazioni;
•    integrazione delle sfere relazionali (verbali e non) ed empatico-affettive;
•    facilitazione degli aspetti di osservazione, mnemonici, di decodifica dei comportamenti dell’animale, ecc…

bimba che alimenta il suo ponyL’epimelesi, ovvero  il prendersi cura di un essere vivente “bisognoso”, sviluppa molte abilità trasversali che se proiettate su un soggetto debole, caratterizzato da differenti forme di disagio o handicap, travalica il semplice senso di far qualcosa di ludico-ricreativo per  evolvere in un interesse che sviluppa una personalità più matura ed una partecipazione efficace nei differenti contesti nei quali il soggetto viene coinvolto.

Pensiamo ad un ragazzo caratterizzato da deficit cognitivo o relazionale. Nella sua vita è probabilmente sempre stato al centro delle attenzioni altrui: genitori, insegnanti di sostegno, educatori o assistenti ad personam ecc…. Con l’ippoterapia (o meglio in alcune attività tipiche dell’intervento mediato dal cavallo come i lavori a terra) tutte le attenzioni storicamente concentrate su di esso vengono convogliare su un altro essere vivente – l’animale- che “ha più bisogno”, permettendo di  far affiorare abilità inespresse che, da “subite passivamente”, divengono “proposte attivamente” e riflesse sull’altro.

Da questo punto di vista il cavallo può essere una prolunga psicologico-affettivo-empatica!

Questi aspetti di fondamentale importanza per creare autostima ed efficacia personale e motivazionale sono alla base di tutte le attività riconducibili alla pet therapy promossa con i piccoli animali ma con una marcia in più: la possibilità di poter montare sul cavallo e dare continuità in un percorso di integrazione della maturazione emotiva, psicologica e delle abilità residue che porterà inesorabilmente al bilanciamento tra ragione ed istinto nell’interazione con il nobile animale.

Non solo attività rivolte a soggetti disabili: anche persone che si trovano in un temporaneo disagio dettato da problemi psicologici o affettivi che minano la qualità della vita fino a condizionarla nella sua quotidianità possono ottenere grandi benefici dall’intervento mediato dal cavallo. Quando il malessere diventa più evidente ed entra nel patologico (esaurimenti nervosi, disturdi della sfera alimentare, psicosi, ecc..) l’intervento attraverso il cavallo può ulteriormente -ed in modalità strutturata- aiutare ad uscire fuori da una condizione di grave apaticità conseguente alla malattia…

Ippoterapia e disabilità motoria

Per rispondere a grandi linee a cosa serve l’ippoterapia abbiamo finora trattato degli aspetti che toccano le componenti psicologico-affettive e relazionali. Vi sono altre aree di intervento dove il “cavallo-prolunga” lavora per migliorare la componente neuro-motoria dei soggetti caratterizzati da disabilità fisiche o neurologiche.

Il cavallo diventa “prolunga” perché la persona affetta da disabilità neuromotoria monta in sella e con particolari accorgimenti, tali da permettere la percezione motorio-sensoriale dell’andatura animale: in un certo senso, dove non arriva il movimento della persona “sofisticato” dalla patologia, va a sostituirsi il passo dell’animale che si riflette nel contatto al bacino (il punto nevralgico della seduta in sella) tra cavaliere e cavallo.

Il movimento del cavallo presenta peculiari caratteristiche che solo il nobile animale è in grado di donare per migliorare il tono muscolare, l’equilibrio, l’ampiezza del movimento articolare e molto altro.

L’andatura del passo, in particolare, simula alla perfezione il cammino dell’uomo; questo va a creare importanti stimolazioni (cosiddette afferenti) che permettono alla persona caratterizzata di disabilità motoria di ottenere importanti benefici che si manterranno anche dopo la ripresa in sella.
Tutto questo è valido solo se l’attività è promossa da personale specializzato ed abilitato ad interventi di tipo riabilitativo, con l’utilizzo di un cavallo  idoneo, con caratteristiche morfologiche particolari e promuovendo esercizi riabilitativi specificamente pensati per il particolare tipo di bisogno del cavaliere disabile.

In breve e semplificando all’osso, ecco a cosa serve l’ippoterapia. Speriamo da aver dato sufficienti elementi per rispondere al quesito….