L’autismo è un disturbo generalizzato dello sviluppo caratterizzato da deficit nell’ area cognitivo-comunicativo-relazionale che si manifesta solitamente tra il secondo e terzo anno di età del bambino. Sull’incidenza vi sono posizioni contrastanti: negli Stati Uniti nel 2012 uno dei più autorevoli organismi di controllo sulla sanità pubblica,  il “Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie” (CDC) ha rilevato (da uno studio del 2008) che 1 bambino su 88 rientra nello spettro autistico, mentre in Europa si calcola che l’autismo colpisca all’incirca da 2 a 10 persone su 10.000.

Le cause dell’autismo sono state oggetto di lunga e approfondita discussione. Se infatti in passato la comunità scientifica dava maggiore peso a ipotesi psicologiche di tipo psicodinamico/ambientale, successivamente ci si è soffermati soprattutto su fattori neurofisiologici e genetici e attualmente il mondo scientifico sembra in accordo sull’identificare un’origine neurobiologica dell’autismo.

Dal momento che la patologia si evidenzia secondo gradi e sfumature diverse da caso a caso dando luogo a situazioni anche molto differenti per caratteristiche e gravità, si preferisce parlare di “spettro autistico” per identificarne le caratteristiche principali.

La sindrome autistica è caratterizzata dalla coesistenza dei seguenti fattori:

  1. alterazione della capacità di comunicazione verbale e non verbale
  2. alterazione delle interazioni sociali
  3. repertorio ristretto e stereotipato dei comportamenti e degli interessi

Il bambino autistico presenta disturbi della comunicazione e del linguaggio. Il linguaggio non sempre si manifesta oppure non è adeguato all’età. Quando compare è caratterizzato, oltre che da ritardo, da un tono monotono o acuto e da ecolalìa (il bambino ripete  cioè continuamente ciò che sente dire dall’altro) oppure viene utilizzato in modo insolito (ad esempio utilizzando una sola parola o ripetendo sempre la stessa frase).

Anche il linguaggio non verbale – come la postura o le espressioni del viso – non sempre corrisponde a ciò che il bambino cerca invece di esprimere col linguaggio verbale. Tutto ciò lo mette nell’impossibilità di far comprendere all’altro ciò che vuole o ciò di cui ha bisogno e alle volte proprio per questo i bambini autistici arrivano a mettere in atto comportamenti aggressivi a causa della frustrazione e della loro incapacità nel farsi capire. Questa loro difficoltà – se non adeguatamente supportata – nel corso degli anni può portare ad un forte aumento del livello d’ansia.

Il bambino autistico manifesta inoltre disturbi della relazione: presenta anomalie nell’interazione sociale che possono portare fino all’isolamento e che consistono nell’evitamento o rifiuto del contatto con l’altro attraverso lo sguardo e nell’assenza di espressione e mimica facciale,   modalità che in uno sviluppo normale rappresentano invece – insieme al sorriso  – uno dei primi elementi di aggancio con l’altro sin dai primi giorni di vita. Nel bambino autistico c’è quindi una carenza o mancanza del tentativo spontaneo di entrare in contatto con l’altro, anche dal punto di vista fisico. Sotto questi aspetti il cavallo può essere un grande aiuto….

Per il bambino autistico è spesso impossibile  “mettersi nei panni dell’altro”, quindi  comprendere le emozioni o le intenzioni di chi gli è di fronte, non potendo così utilizzare quei segnali secondari di comunicazione – come un sorriso o un’espressione del volto –  per interpretare le intenzioni o la posizione altrui (non è per lui possibile ad esempio comprendere le sfumature della comunicazione come lo scherzo o l’ironia).

Questo gli rende molto difficile decodificare il mondo che gli sta intorno e quindi impossibile entrare nello scambio immediato e reciproco della comunicazione tra esseri umani che permea la vita quotidiana di tutti. Per il bambino autistico anche l’espressione delle proprie emozioni è difficile: il più delle volte questa è infatti assente, tranne che nel caso dell’emozione dell’angoscia che è invece espressa con comportamenti anche forti. Questa carenza di controllo di sé e delle proprie emozioni può portarlo ad un’espressione eccessiva di aggressività – qualche volta anche fisica – soprattutto in situazioni per lui ansiogene o sconosciute.

La sindrome autistica è caratterizzata infine dalla tendenza alla ripetitività degli interessi e comportamenti e dalla necessità di rituali specifici o dal bisogno di rispettare in maniera rigida le proprie abitudini. Spesso la persona autistica manifesta una gamma ristretta di interessi concentrandosi su una o alcune attività specifiche come ad esempio mettere in ordine ripetutamente certi tipi di oggetti, imparare a memoria alcuni numeri come le date o ancora imitare un certo comportamento in maniera sistematica etc.

Vi sono poi alcuni manierismi ricorrenti che vengono ripetuti con grande frequenza, spesso legati alla postura e a movimenti del corpo come ad esempio battere le mani, camminare sulle punte, muovere le braccia in un certo modo, dondolarsi etc. Di frequente inoltre manifesta profondo disagio rispetto a cambiamenti anche minimi e concreti come ad esempio cambiare la posizione degli oggetti a lui familiari o modificare l’abitudine di fare una cosa in un certo modo e secondo un certo schema, mostrando resistenza e ansia di fronte alla richiesta di una variazione.

A queste principali caratteristiche della sindrome autistica si possono accompagnare altri problemi legati alla sfera cognitiva (ritardo mentale di livello variabile o differente in base alle diverse abilità), sensoriale (reazioni particolari a certi suoni o oggetti) e neurologica (epilessia).

E’ molto importante tenere presente che tutti questi sintomi possono manifestarsi in modalità molto differenti da bambino a bambino, andando a costituire quindi quadri sintomatici molto diversi tra loro e di conseguenza situazioni da gravità lieve a grave. Ci si può quindi trovare di fronte a persone che possiedono “tratti autistici” con intensità differenti e che presentano quindi significative differenze.

Le sindromi autistiche che permettono un intervento più efficace sono quelle cosiddette “ad alto funzionamento” come ad esempio la sindrome di Asperger. La definizione “ad alto funzionamento” significa che il soggetto – a differenza della forma più classica di autismo – possiede spesso un’intelligenza nella norma (certe volte anche al di sopra su alcuni aspetti) e una buona padronanza del linguaggio.

dott.ssa Francesca Urciuoli
Psicologa e Operatore di Equitazione Integrata® EQUITABILE®