Quando si parla di migrazioni tutti si coalizzano sulla rabbia e nessuno trova idee sul che fare: il cavallo a servizio dell’immigrato può essere una sfida percorribile in una società come la nostra?

L’immigrazione ha da tempo raggiunto le dimensioni di un dramma epocale, eppure molte domande in merito non trovano risposta.

A detta degli esperti, attraverso TV, cronache dei giornali, dibattiti politici, ci stanno raccontando una marea di falsità per infiammare ancor di più la nostra società, tanto è che ognuno di noi farebbe bene a scendere sul campo, provare le cose sulla propria pelle per capirci qualcosa e dare delle risposte.

In questa ottica non possiamo lasciarci frenare dalla nostra piccolezza di fronte al dramma dell’immigrazione. Non possiamo non voler capire, non voler vedere e se ben ci fosse qualcosa da poter fare, lasciar perdere.

Partendo da una passione, sviluppando un progetto, volendo anche rincorrere un sogno, possiamo utilizzare il cavallo a servizio dell’immigrato per avere riscontri positivi di accoglienza e inclusione sociale, per dare voce al migrante in quanto persona.

Chi è l’immigrato nella nostra società

L’immigrato è una persona che scappa da situazioni spesso drammatiche in cerca di una vita migliore. La fuga è l’unica disperata e necessaria possibilità per salvarsi da guerra e fame.

Ben diverso è come la società vede l’immigrato, che ormai è diventato l’emarginato per eccellenza.

Nella nostra società il migrante è ladro di beni materiali (in primis casa e lavoro), è ladro di cultura, è un incapace, porta malattie sconosciute di cui è obbligatoriamente affetto. Sicuramente è stupratore, molto spesso ha commesso un’infinità di reati…

La sua presenza è un ingombrante pericolo per il semplice fatto che non conosce la cultura italiana. L’immigrato è terrorista.

È ormai diffusa la favola che in Africa non ci siano conflitti e che i migranti arrivino da paesi pacifici e felici.

Per questo non li vogliamo, siamo ormai affetti da una malattia infettiva incurabile: la repulsione a prescindere dello straniero.

Nei “discorsi da bar” si sente addirittura di complotti internazionali per tornare allo schiavismo dei neri per togliere lavoro ai bianchi.

Si fa di tutto per alzare muri e barricate per tenere lontano l’immigrato. In alcune città sono state tolte le panchine da stazioni e parchi così i profughi non hanno dove dormire e sedersi.

Qualcuno ha avanzato la proposta di mettere divieti per i migranti di muoversi in alcune aree della città.

Un sindaco con tanto di cartelli ha vietato l’acqua delle fontane pubbliche ai migranti. In ogni modo ostacoliamo l’integrazione, chiudiamo i negozi gestiti da stranieri perché ritenuti indecorosi.

Nella società odierna non sembrano più esserci valori morali comuni, ognuno viaggia sulle proprie frequenze di sentimenti e di non sentimenti, così, come per altre fasce deboli, anche per i profughi chi ha tempo e voglia se li prenda pure.

Il cavallo a servizio dell’immigrato una possibilità di integrazione sociale

Stazione centrale di Milano, squadroni di poliziotti prendono il controllo della piazza, truppe a cavallo che caricano uomini, donne e bambini, profughi senza casa.

“Ingombro del decoro urbano” dirà qualcuno. Cosa sarà passato nella testa di quei poliziotti? O meglio, cosa sarà passato nella testa di quei cavalli?

Volendo immaginare la situazione, un cavallo incitato con colpi di gamba, movimenti bruschi, tra urla e confusione, per associazione ricorderà l’evento come un momento di paura e panico. Così come vedendo di fronte a sé persone in fuga, avrà percepito la presenza di un pericolo.

Con la violenza l’uomo è in grado di obbligare l’animale a commettere azioni disumane. Paradossale come l’uomo potrebbe invece sfruttare la capacità emotiva del cavallo a servizio dell’immigrato.

Entriamo nel campo dell’equitazione integrata®

La persona immigrata al termine del viaggio della speranza, dopo esser sopravvissuto a stupri, torture, tipiche dei campi di detenzione in Libia, violenze, privazioni della dignità tra deserto e mare, si sente ormai “preda”, sopprime le sue gioiose speranze di una nuova vita e si convince che nessuno a nessun costo lo salverà.

Al minimo pericolo che avverte, reagisce fuggendo o aggredendo. Questo lo rende molto simile all’istinto del cavallo.

Il migrante nelle strade delle nostre città avverte pericoli ovunque, si sente preda del giudizio silenzioso degli occhi della gente e dei discori delle persone che nascondono solo odio.

Difficilmente il migrante vuole un confronto diretto con noi cittadini italiani, perché ha paura. Per questo possiamo puntare sul cavallo a servizio dell’immigrato come mediatore, come accoglienza in un paese che non è solo rabbia e pregiudizi.

Un ambiente naturale, tranquillo e rilassante, lontano dal caos delle città, aiuta il migrante a non sentire il peso dei giudizi, si sente più sereno e le paure diminuiscono.

L’immigrato viene regolarmente accolto nel nostro paese da persone con tanto di camice bianco, maschere e guanti, per le strade la gente preferisce passare a dovuta distanza, prima o dopo capisce di essere affetto da qualche strana malattia che si trasmette al solo contatto con la sua pelle.

Il poter toccare, accarezzare, il solo farsi annusare da un altro essere vivente, il cavallo, lo fa sentire meno “fragile”.

L’inserimento in un contesto sociale come può essere il maneggio, rappresenta un punto d’incontro stabile, spesso il migrante non sa dove andare, cosa fare, spesso è abbandonato a sé stesso.

Prendersi cura di un animale, sentirsi impegnato per un qualcosa di vivo, permette di riconquistare fiducia, riprendere coscienza delle proprie funzioni fisiche, emotive e sociali.

L’immigrato quasi sempre è una persona depressa, che si sente sconfitta. Ha speso i risparmi di una vita, spesso di una famiglia intera, per vedersi spezzato il sogno di una migliore esistenza.

Il sostegno del rapporto con il cavallo aiuta poco alla volta il passaggio dalla rassegnazione al “tutto è perduto” alla sensazione che una possibilità esiste, da un atteggiamento di chiusura a uno di apertura.

Grazie alla libertà e spontaneità di espressione consentita dall’assenza di giudizio del cavallo, la persona immigrata si apre e inizia la vera relazione anche con le persone circostanti (gli operatori equestri).

Può finalmente raccontare la sua storia, le sue aspirazioni, i suoi sogni, può sentirsi coinvolto emotivamente in legami tra esseri viventi.

Basta parlare di immigrato, parliamo di persona!

Questa persona come tutti noi ha il lavoro come obiettivo, perché è un bisogno essenziale, si sentirebbe “arrivato”, perché quasi sempre la necessità è quella di sostenere economicamente le famiglie lasciate nel paese natale.

Per questo motivo l’intervento di equitazione integrata® potrebbe essere finalizzato all’avviamento al lavoro.

Molti giovani italiani, nonostante la disoccupazione, vogliono puntare da subito in alto, pochi accetterebbero un lavoro “di scuderia”, molto gradito invece a giovani africani che spesso arrivano da esperienze di allevamento o agricoltura in patria.

Lavoro bello e gratificante se preceduto da un curato e motivato avvicinamento al cavallo nella sua pienezza.

Come per altri soggetti deboli anche nel nostro caso, l’arrivare a montare in sella e avvicinarsi all’attività sportiva aiuterebbe molto a diminuire frustrazioni e tensioni, legate al vissuto e all’emarginazione sociale.

Programmare attività equestri con altri cavalieri italiani, ovvero già residenti nel tessuto locale, aprirebbe un confronto ad armi pari con riduzione del senso di isolamento ed effettiva inclusione sociale.

Se pensiamo poi al cavallo a servizio dell’immigrato minore non accompagnato, potremmo davvero immaginare un qualcosa di meraviglioso, in una società dove si alzano barricate a prescindere e non fa differenza se di fronte ci sono gli occhi di un bambino orfano di padre o madre morti in mare.

In conclusione, chiunque trovandosi catapultato in un mondo nuovo ha bisogno di un periodo di assestamento, ha bisogno di insegnamenti, regole, ed esempi da seguire, ecco perché un contesto come l’equitazione integrata®, dove è limpida la ricerca del rispetto della persona e dell’animale, può aiutare la persona immigrata a farsi strada in un ambiente drasticamente nuovo ma normalmente accogliente.

Marchiaro Gianluca
Tecnico EQUITABILE®