Spesso chi si avvicina all’equitazione integrata si pone una serie di quesiti focalizzati soprattutto sul grande protagonista dell’ippoterapia –il cavallo, appunto- e sulle caratteristiche che più lo rendono idoneo a contribuire al benessere delle persone in difficoltà.

C’è da premettere che uno dei primi ostacoli da superare è quello di chiarire le differenti aree di intervento dove l’apporto del cavallo fornisce un determinante contributo; solo a quel punto si potranno definire le qualità che maggiormente vengono ricercate.

Il mondo della riabilitazione equestre parla di Terapia con il Mezzo del Cavallo (T.M.C.): questo termine potrebbe apparire come un freddo e goffo tentativo per  relegare l’intima natura dell’animale a semplice “strumento”, disconoscendolo in quella complessità comunicativa ed emozionale che lo ha sempre caratterizzato nel rapporto con l’uomo e che è alla base del lavoro nel sociale.

Sebbene i contesti riabilitativi concentrino gran parte delle attenzioni sul movimento che la “macchina cinetica” cavallo fornisce nelle stimolazioni cosiddette “afferenti” (e sulle risposte neuromotorie che il paziente-cavaliere interiorizza) rivolte a persone con deficit motori, la globalità del rapporto con l’animale non va a perdersi nel suo senso più profondo.

Se nella terapia la comunicazione cavallo-cavaliere è prevalentemente  di tipo cinetico/motorio, la rieducazione equestre focalizza le sue attenzioni sull’interscambio comunicativo ed affettivo empatico, dove le valenze referenziali del rapporto con l’animale contribuiscono maggiormente allo sviluppo degli aspetti cognitivi, emozionali e relazionali.

Quando le attività promosse hanno obiettivi che inducono alla generalizzazione delle competenze e dove l’occasione di confronto con “gli altri” è strumento di conoscenza ed accettazione reciproca, queste attività assistite divengono Equitazione Integrata, rientranti nella sfera educativa e ricreativa del pre-sport.

Detto questo gli “strumenti” utilizzati nelle differenti aree di intervento dovranno avere peculiarità che più si adattano alle particolari attività proposte, seguendo una programmazione ed un tipo di intervento ben specifici in virtù delle caratteristiche dell’utente finale.

Morfologia, indole e mole del cavallo da ippoterapia

Da anni validi esperti hanno contribuito ad elaborare linee comuni che potessero dare una risposta esaustiva a queste necessità, spesso pubblicando studi scientifici con indicazioni molto complete sulle caratteristiche ideali che dovrebbe possedere un cavallo per lavorare con i disabili.

Questi studi concentrano i loro obiettivi sull’individuazione della migliore morfologia in grado di suggerire i movimenti più apprezzati sul fronte riabilitativo: altezza al garrese, frequenza del passo, larghezza della groppa o del petto, proporzioni degli arti…

In linea di principio, le caratteristiche fondamentali ritenute efficaci per una buona proposta riabilitativa possono essere sintetizzate nel seguente elenco:

–          Una taglia medio – piccola con altezza non superiore ai 150-155 cm, per agevolare il lavoro dell’operatore;

–          garrese non eccessivamente pronunciato ed allineato alla groppa, per non determinare danni alla spina dorsale del cavaliere;

–          incollatura larga e muscolosa, per fornire maggior sicurezza al praticante e proporzionata al resto del corpo (nel movimento infatti quest’ultima diventa un “pendolo oscillante” che varia la distribuzione del peso ed il posizionamento del centro di gravità del sistema cavallo-cavaliere);

–          la scapola dovrebbe essere piatta, lunga ed inclinata di circa 45-60°. Una scapola troppo dritta renderà il passo corto, trasmettendo un movimento disarmonico e rigido;

–          la spalla dovrà essere obliqua, con angolo scapolo-omerale di 55°, per garantire una maggior ampiezza di movimento e per fornire un passo percepito come “morbido” o dolce;

–          groppa larga, il più possibile vicino al piano orizzontale, per facilitare le traslazioni sul piano sagittale;

–          arti anteriori e posteriori sicuri e solidi, esenti da lesioni o traumi (zoppie) che possano pregiudicare la fluidità del movimento stesso

–          appiombi allineati, con il pastorale tendente al “lungo giuntato” per determinare un buon ammortizzamento e, di conseguenza, una maggiore elasticità di andatura;

–          la schiena forte e ben proporzionata per garantire una stimolazione in linea con gli impulsi tridimensionali che mimano deambulazione umana per ritmo, ampiezza e spostamenti dell’equilibrio;

–          età non inferiore ai 8/10 anni, perché i soggetti più giovani hanno un temperamento vivace e necessitano di un periodo d’addestramento più lungo;

–          per quanto riguarda il sesso possono andare bene sia le femmine che i castroni.

Tantissime variabili che troppo spesso rischiano di rimanere inesorabilmente sulla carta e idealizzare soggetti praticamente inesistenti!

E’ chiaro che ben poche realtà in Italia riescono a sintetizzare tutte queste variabili in un unico servizio per cause oggettive, la gestione economica del tutto in primis.

La situazione ideale deve purtroppo venire a patti con la dura realtà: bisognerebbe avere a disposizione un parco cavalli sufficientemente ampio per poter assecondare le singolari esigenze dell’utente finale.

Un cavallo più alto e massiccio per portare i cavalieri più pesanti; un cavallo stretto di torace per agevolare coloro che presentano problemi di divaricazione degli arti inferiori; un cavallo dal movimento elastico per lavorare sulla facilitazione ed inibizione della spasticità per i soggetti ipertonici; un soggetto “dritto giuntato” per stimolare i soggetti ipotonici; un pony per i più piccoli…. almeno cinque cavalli differenti per mole, età e proporzioni.  Probabilmente un enormità pensando alla gestione del tutto!

Questi soggetti dovrebbero inoltre essere tenuti in allenamento e lavorati -prima e dopo le sedute- nella modalità più completa possibile per mantenere il loro potenziale elastico e cinetico, come qualunque cavallo sportivo; dovremmo avere le necessarie disponibilità economiche per acquistare (e mantenere dignitosamente) i “migliori colleghi” possibili, non certamente animali anziani con i vissuti tra i più diversi, magari donati all’ippoterapia perché unica soluzione al macello…

C’è da dire che molti cavalli non ritenuti idonei si rivelano degli ottimi colleghi di lavoro, seppur non pienamente rispondenti ai canoni morfologici sopradetti; tutte le caratteristiche citate si riferiscono ad attività finalizzate al recupero motorio delle persone con disabilità: se l’utente presenta differenti deficit, riconducibili alla sfera intellettiva o relazionale ad esempio, è possibile derogare da molte di queste variabili.

Personalmente sono molto più attento all’indole e al carattere del soggetto con il quale andrò a lavorare: questo per garantirmi e garantire alti livelli di sicurezza ed affidabilità. Non sempre l’età dell’animale è direttamente proporzionale alla sua affidabilità ma è un elemento da considerare molto bene: un cavallo esperto che non presenti evidenti vizi potenzialmente pericolosi o comportamenti dettati da maleducazione, spesso può “salvare” certe situazioni impreviste, grazie alla sua esperienza di vita…

Accontentarsi del “primo cavallo che capita” sarebbe alquanto superficiale e sintomo di scarsa cultura equestre; molti cavalli appaiono mansueti e placidi perché il “professor dolore” o la denutrizione suggeriscono comportamenti miti: la salute -anche psicologica- dell’animale è un elemento fondamentale per la sicurezza ed affidabilità di cui sopra!

Diventa così importante conoscere molto bene il soggetto che si intende coinvolgere nelle attività, gestendolo e preparandolo al meglio, alternando lavoro montato o alla corda con le attività di rieducazione equestre vera e propria, permettendogli inoltre un certo periodo di svago all’aria aperta.

Per concludere, anche un cavallo mediocre, se montato e ginnasticato con regolarità e consapevolezza, può rivelarsi valido ed efficace alla pari di un cavallo morfologicamente idoneo, permettendo una importante resa in stimolazione motoria senza dover investire enormi cifre che spesso –nel Sociale come nell’equitazione in generale- non rientrano.