Che cosa significa innanzitutto “educare”? Che significa”esprimersi”? Ed in cosa consiste una personalità matura?

Crediamo sia importante chiarire questi aspetti preliminari, punto di partenza per definire al meglio verso quale direzione puntare nel quotidiano confronto con i più giovani e dirigersi per capire, di conseguenza come,  il cavallo e l’equitazione integrata possano avvicinarci ad un più ampio obiettivo educativo e quindi aiutarci a raggiungere risultati apprezzabili in un contesto informale quale il maneggio.

L’origine del verbo educare è da ricondurre alla lingua latina e greca dove, però aveva significati diversi. Secondo l’etimologia latina educare significherebbe “condurre fuori” mentre secondo quella greca consisterebbe nel “nutrire”. Nella nostra cultura, quindi, fino ad oggi con il termine educare si è sempre fatto riferimento a questi due modelli filosofici, quello greco e quello latino ma, alle soglie del terzo millennio, nella società e nel mondo delle macchine e della tecnologia, il termine educare può avere lo stesso significato di un tempo, di quando questo verbo fu coniato ?

Viviamo in un mondo che ci toglie, progressivamente, abilità per delegarle sempre maggiormente alle invenzioni tecnologiche. “Educare”, in un tempo e in un contesto come questo, non può quindi voler semplicemente dire “tirare fuori” o “nutrire”. Oggigiorno educare significa sempre più “fornire gli strumenti per saper affrontare la realtà”. 

Semanticamente, anche il verbo “esprimersi” è cambiato nel tempo. Quella  “comunicazione”  riconducibile al termine esprimersi non è solo la comunicazione verbale che l’attuale società vuole intendere; deve, al contrario connotarsi di tutte quelle sfumature che caratterizzavano originariamente  il verbo comunicare.

Comunicazione infatti, partendo dal suo significato latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe, non deve essere espressione bensì anche il “mettere in comune” qualcosa, anche solo un silenzio, un sorriso, senza necessariamente trasmettere nozioni o informazioni a qualcuno,  ed è questo significato che forse dobbiamo ritrovare.

Nella nostra Società moderna la comunicazione si è ridotta , invece, a trasmissione di dati, di informazioni. Si parla tanto, talvolta senza informare veramente, ovvero senza riuscire a dare forma alla mente, disciplinare, istruire, insegnare.

Non è affatto facile comunicare. Occorre avere un medesimo codice, occorre che il linguaggio verbale sia coerente con quello non verbale , occorre una buona capacità di comprensione e decodifica per evitare possibili fraintendimenti, bisogna saper ascoltare… una qualità sempre più difficile da riscontrare nelle persone.

Tutti questi elementi sopra accennati confermano che la comunicazione non è sempre efficace;  in particolari situazioni, dove ad esempio la relazione è già minata da conflitti interpersonali, o quando ci si relaziona con soggetti affetti da patologie mentali o  difficoltà relazionali, la comunicazione diventa particolarmente difficile e può produrre ulteriore disagio.

Non è semplice costruire una personalità matura nell’attuale società. Se una volta questo compito era svolto dalla famiglia e dalla scuola, attualmente molti genitori sono sempre meno presenti e la scuola sempre più inadeguata e carente.
La realtà delle città moderne , con le sue frenesie, i suoi rumori, i suoi pericoli e la mancanza di luoghi di aggregazione, hanno spezzato un’importante serie di rapporti umani.

Come se ciò non bastasse , nella società di oggi siamo a rischio di venire privati anche di un’altra naturale tendenza umana: la predisposizione a diventare protagonista attivo delle personali aspirazioni e decisioni, e non a subirle passivamente.
Oggigiorno, invece, con le moderne tecnologie, l’essere umano diventa sempre più spettatore del mondo che lo circonda ed è sempre meno attivo.
Tutto questo porta, inevitabilmente ad una mancanza di motricità con gravi effetti anche sulle capacità cognitive e di apprendimento, come già scientificamente provato da anni.

I mondi paralleli inventati dalle più sofisticate menti dell’ingegneria elettronica come Second Life in cui vivere una seconda, talvolta una terza vita, sono a tutti gli effetti “mondi paralleli”  privi di contatto dal reale e dai nostri sensi; in questi universi non esistono odori, non esiste il tatto, il gusto, solo la vista. Il tutto con il concreto rischio di minare dalla base le stimolazioni fondanti uno sviluppo armonico delle competenze psico-motorie del giovane.

Il gioco quindi, si concretizza in forme ben diverse dal passato, forme elettroniche che vanno sempre più in questa spersonalizzante e denaturalizzata direzione e che vanno via via perdendo quell’importante e forse fondamentale caratteristica di “attività gratuita”, oggi, come è tendenza generale, anche il gioco è diventato un business governato dalle regole degli adulti e non da quelle dei bambini.

Il progresso è sempre più veloce, il cambiamento della società altrettanto, e sempre più urgente quindi si sente il bisogno di trovare un’alternativa ai vecchi metodi educativi che ormai, ai nostri tempi, non sono più adatti a far fronte ai nuovi problemi e alle nuove esigenze dei bambini e dei ragazzi.

Non si spiega altrimenti il fenomeno della dispersione scolastica. L’inadeguatezza della scuola associata a un’evoluzione comportamentale e delle esigenze dei ragazzi, porta all’aumento degli abbandoni dai banchi della scuola sempre più preoccupante. 

In questo quadro d’insieme forse la CAVALLUDOLOGIA (studio dei giochi a cavallo) potrebbe rivelarsi una valida alternativa all’insegnamento e/o ai metodi educativi classici.

Vuole inoltre salvare i valori e i talenti del bambino nel momento della sua crescita, ed aiutarlo quindi a svilupparsi armonicamente con le esigenze della società ma nel rispetto della sua indole e soprattutto della natura umana, dove natura vuole significare quindi contatto umano con tutto ciò che la circonda.

Salvare il bambino nel momento in cui diventa adulto, diventa oggigiorno sempre più difficile, ovvero preservare quel senso di stupore e di meraviglia, l’immaginazione e la fantasia: questo in fondo è l’obiettivo delle azioni che vertono allo sviluppo delle attività mediate con il cavallo per i più piccoli!

Oggi esistono studi che dimostrano che da bambini sappiamo esattamente perché siamo tutti sul pianeta. Crescendo poi lo dimentichiamo. Dovremmo cercare di crescere senza togliere, e quindi cercare di non perdere questo senso della vita, perché è questa perdita che poi ci fa sentire inutili, spaesati, confusi , frustrati ecc.ecc.

GIOCO COME SOCIALIZZAZIONE

Nell’infanzia il gioco è un’attività di fondamentale importanza, per permettere l’acquisizione delle regole della vita sociale oltre a fornire la consapevolezza delle personali capacità ed abilità nel vivere nuove scoperte. 

Durante l’infanzia, come spesso in molte fasi della vita, il gioco è affrontato tanto seriamente da renderlo un’attività estremamente impegnativa ed affascinante, come il lavoro per l’adulto.

Il bambino, inizialmente, gioca in solitario, da solo, quasi assorto in un individualismo assoluto; successivamente, crescendo, intraprende il cosiddetto gioco parallelo: gioca autonomamente, accanto ai coetanei, magari utilizzando giocattoli analoghi, ma senza aver rapporti con loro. Solo attraverso il gioco cosiddetto associativo, si inizia a notare una consapevole relazione con i compagni, anche attraveso lo scambio dei giocattoli. E’ ancora questa una fase ludica dove il bambino non riesce ad intraprendere attività sociali nel vero senso della parola: durante il gioco associativo le attività ludiche non sono, pertanto, coordinate. In questa fase della vita del bambino il gioco ha ancora una finalità intima, personale. E’ solo successivamente quando il bambino matura la potenzialità di ulteriori stimoli dettati dall’interazione con l’altro che il gioco diventa “sociale”, svelando un ruolo interattivo ed una responsabilità differente. In questa fase ognuno si sente parte del gruppo e tende ad escludere i soggetti estranei.

Il gioco sociale è una grande conquista:  permette l’acquisizione di una significativa valenza sociale, garantendo il modellamento nel processo d’interiorizzazione dei valori e delle norme sociali che favoriranno nel tempo la formazione del senso di responsabilità, di onestà e, soprattutto, di socialità. Il gioco non ha soltanto una funzione di socializzazione, ma ha anche un elevato valore educativo, assolve, a tal proposito, non solo il compito di far sviluppare adeguatamente il linguaggio e di riequilibrare il mondo affettivo e relazionale del bambino, ma anche il compito di eliminare e/o attenuare le ansie e le paure e agevolare il processo di apprendimento, permettendo di scaricare l’aggressività accumulata.

C. BETTOLI, C. ISIDORI, C. TESTONI,  S.FERRETTI , R. FRANCALANCI Operatori di Equitazione Integrata EQUITABILE®