Può capitare che nel bel mezzo di una ripresa di rieducazione equestre o durante una attività a terra il nostro allievo manifesti un comportamento inusuale ed apparentemente immotivato: fatica a capire ciò che gli viene richiesto, ritarda eccessivamente nelle esecuzioni, sbaglia le procedure già interiorizzate, manifesta ritualismi motori o verbali…

Se il precedente lavoro sulla persona è stato svolto nel migliore dei modi molto probabilmente ci troviamo di fronte ad un evidente stato di ansia.

Ma cos’è l’ansia e come si può manifestare durante una ripresa di rieducazione equestre?
E’ una naturale risposta emotiva che si evidenzia in qualunque persona che vive una situazione come particolarmente stressante; è l’esteriorizzazione di una condizione di intima apprensione, di paura, di pre-allerta per un evento potenzialmente negativo.

Non confondiamo l’ansia con la paura.

Sono espressioni che possono manifestarsi con comportamenti similari ma che hanno origine da presupposti differenti: l’ansia è uno stato emotivo che si può manifestare per una “percezione”, la paura è relativa ad un oggetto o ad una specifica situazione nota.

Quando si lavora con persone affette da ritardo mentale o con innesti psicotici è frequente imbattersi in queste situazioni, soprattutto in virtù di una loro particolare difficoltà ad interpretare la realtà in modo adeguato o a causa di alcune disarmonie che spesso li contraddistinguono rendendoli particolarmente “sensibili” nella relazione con il mondo esterno.

In aggiunta, lo stesso cavallo ed il contesto equestre (proprio perché “all’aria aperta” ed alcune volte “iper-stimolante”) possono facilitare per le crisi di ansia nei disabili, soprattutto se il tecnico esagera nelle richieste o non applica i basilari principi della progressione educativa o relazionale.

Oggettivamente si può assistere ad un ampio ventaglio tra modificazioni fisiologiche e comportamentali, spesso proporzionali al grado di difficoltà che la persona esprime in quel momento:

  1. Processi fisiologici: aumento del battito cardiaco, della temperatura, ecc…
  2. Comportamenti motori: fuga (allontanamento da una situazione ansiogena), evitamento; altri movimenti possono essere: toccarsi ripetutamente in naso, oscillare in modo ritmico, passeggiare in maniera compulsava o stereotipata;
  3. Ritualismi verbali: resoconti di natura introspettiva, indicatori paralinguistici (volume, tono, pause…), utilizzo della terza persona o semplice mutismo;
  4. Comportamenti meta-verbali: posture, mimiche facciali o aumento delle stereotipie.

Alcune forme di ansia si evidenziano sotto forma di risposte cognitive anticipatorie, ovvero l’anticipazione mentale di possibili conseguenze vissute come negative rispetto ad un evento temuto o prossimo. Questo comporta ricadute pratiche particolarmente importanti e spesso negative sul fronte esperienziale poiché non predispone il soggetto a convogliare le sue potenzialità ed energie nella direzione giusta. L’esposizione ad un concreto errore andrà a minare l’autostima, efficacia personale in un crescendo che, se non sufficientemente sostenuto e convogliato, porterà certamente ad un forte abbattimento emotivo con l’esplosione di possibili comportamenti problema.

E’ bene tener presente che l’ansia non è una condizione necessariamente patologica o caratterizzante solo le persone “deboli”, dal momento che tutti gli esseri umani nella loro vita fanno più volte esperienze di stati d’ansia di diversa entità. La patologia dipende essenzialmente dalla frequenza e dall’intensità della reazione ansiosa, dalla congruità dello stimolo ansiogeno e dalle conseguenze che le reazioni d’ansia provocano nella vita dell’individuo.

In una relazione d’aiuto mediata dal cavallo diventa così fondamentale lavorare sulla gestione dell’ansia soprattutto su quei soggetti particolarmente predisposti a questi eventi, magari implementando le attività a terra rispetto a quelle in sella… Le stesse tecniche di rilassamento e di Training Autogeno mediato dal cavallo possono portare ad importanti risultati non solo per l’utenza che si approccia al nobile animale, ma anche per gli stessi operatori del settore, spesso caricati di grandi responsabilità.

Il cavallo è l’espressione dell’istinto puro: il suo essere preda e soprattutto “animale”, lo portano ad assumere comportamenti che molto spesso creano ansia (alcune volte paura quando gli eventi suggeriti dal Nobile Animale non vengono opportunamente “tradotti” dall’istruttore per una chiara decodificazione dell’allievo).

Diventa così importante la capacità del professionista nel proporre attività su basi di una previsionalità tecnica e metodologica progressiva e, di fronte alla nascita di un momento di ansia, riportare nei giusti ranghi questa energia “negativa” rimodulando l’attività e le richieste per concludere sempre con il buon ricordo.

Per creare un contesto educativo/relazionale non ansiogeno, l’operatore dovrebbe:

  • rivolgersi ai cavalieri chiamandoli per nome;
  • occupare una posizione funzionale alla situazione;
  • utilizzare un linguaggio ed una gestualità che trasmetta entusiasmo e buon umore;
  • usare una voce (tono, frequenza, volume e pause) in modo da favorire un clima tranquillo, fiducioso ed incoraggiante;
  • creare sintonia tra messaggio verbale e non verbale;
  • dosare la densità di richieste in funzione della capacità di tolleranza dell’allievo;
  • proporre attività appropriate alle competenze dell’allievo;
  • predisporre una corretta alternanza tra carichi di lavoro e pause;
  • individuato un errore, proporre efficaci soluzioni per la sua risoluzione;
  • approvare e rassicurare più spesso di quanto critichi l’operato del cavaliere;
  • concludere la ripresa con la “regola del buon ricordo”.