Secondo il senso comune quando si parla di attività con il cavallo, sia essa di tipo sportivo o rieducativo, il pensiero va sempre nella direzione del montare in sella.

E’ normale, diremmo “umano”, tendere a realizzare le nostre aspirazioni, e quella del montare a cavallo è, forse, quella predominante che qualunque neofita desidera realizzare, senza però rendersi conto che la realtà è un’altra cosa rispetto all’immaginario. Il cavallo è infatti un essere vivo e “vero”, prende delle decisioni anche in modo istintivo, non è sempre accondiscendete alle richieste dell’uomo, figuriamoci se espresse con l’errore dell’incompetenza tecnica.

Si pensa che tutto sia facile, quando vediamo gli altri fare qualcosa: solo quando siamo direttamente coinvolti si capisce che non è esattamente così… Ecco perché si rivela estremamente importante una conoscenza approfondita dell’animale partendo dall’inizio, ovvero dalla base di una relazione consapevole; solo a quel punto sarà tutto più semplice nei lavori in sella.

Questi aspetti per fortuna sono promossi da molte scuole di equitazione con istruttori competenti che attuano una progressione logica e consapevole: una sorta di investimento “tecnico” per il praticante che, imparando a conoscere il cavallo da terra –appunto- ed a gestirlo, sarà molto più facilitato nelle successive esperienze in sella alle differenti andature (sempre con le giuste tecniche progressive, rispettose della persona e dell’animale).

In una proposta equestre dall’ampia valenza educativa è determinante quindi ancor più l’avvicinamento al cavallo attraverso un ponte di traduzione simultanea (il tecnico, appunto) che possa incentivare non solo la presentazione tra i due protagonisti dell’incontro, ma che faciliti la loro interazione nel modo più opportuno.

Tutti gli istruttori di equitazione sono in grado di gestire più o meno bene questi aspetti preliminari che comunque, nei normali contesti equestri, sono sempre riconducibili ad una operatività finalizzata alla gestione in autonomia del cavallo come pulirlo, sellarlo e predisporlo per la lezione in sella. L’istruttore si ferma proprio a questo punto (il suo obiettivo è stato raggiunto) per continuare con la pratica equestre vera e propria.

Quando il neofita presenta problematiche disarmoniche di tipo intellettivo, relazionale o impacci motori, l’avvicinamento al cavallo deve necessariamente prevedere un più complesso ventaglio di strumenti e risorse finalizzate allo sviluppo del massimo livello di abilità non solo sul piano pratico, ma soprattutto sulle aree dell’integrazione di competenze generalizzabili alla vita di tutti i giorni.

Se le proposte sono indirizzate ai più giovani in età evolutiva diventano un ulteriore investimento per la maturazione di una personalità efficace e progressivamente consapevole delle proprie soggettiva caratteristiche.

L’attività a terra non è dare una manciata di fieno al cavallo…

Per come vengono promosse in ambito educativo e nel disagio in genere, sono estremamente variegate e prevedono non solo una programmazione fatta di obiettivi specifici (di tipo emozionale, relazionale, dello sviluppo dell’autoefficacia e tanto altro…) ma soprattutto di interventi adattati ai bisogni del nuovo allievo.

Una volta effettuata una presentazione dell’operatore ed incentivato il necessario ambientamento nel nuovo contesto di maneggio, si può iniziare il percorso di avvicinamento al cavallo (o pony se si parla di giovani praticanti) attraverso una conoscenza che nel tempo diviene sempre più familiare, motivando il praticante ad una partecipazione attiva.

Si possono così promuovere una serie di attività dove il prendersi cura dell’animale sviluppa un meccanismo di affettività riflessa che conduce allo sviluppo di autostima ed autoefficacia personale.

Le persone “deboli” arrivano spesso all’equitazione integrata con un vissuto che li ha sempre visti dipendenti dall’altro: da piccoli dipendenti dal genitore, poi dall’insegnante (di sostegno), più avanti negli anni dipendenti dall’educatore e spesso ancora dai genitori, successivamente ancora dipendenti da altre figure professionali (OSS o ASA…). Nella relazione con un’animale, nella fase del “prendersi cura” tutte le attenzioni spesso subite passivamente dal soggetto vengono in questa sede proiettate e promosse attivamente verso un essere che ha più bisogno: si pensi a quanto può essere importante questo aspetto per giovani o adulti sempre dipendenti dagli altri…

Se il tecnico procede con la chiarezza di obiettivi solidi e ragionevolmente raggiungibili non è impossibile assistere nel giovane allievo ad una serie di cambiamenti comportamentali, relazionali, emotivi (e tanto altro) alla base di una nuova apertura verso l’esterno: questi cambiamenti (ricercati dagli obiettivi, verificati dall’osservazione durante le esercitazioni e consolidati perché riproponibili nel tempo e nelle differenti circostanze) sono alla base del valore referenziale dell’interazione con l’animale.

Per questi motivi, credendo fortemente in tutte quelle attività che non prevedono necessariamente il montare in sella come obiettivo da raggiungere a tutti i costi, e per sensibilizzare a questo approccio di tipo zooantropologico è nato il percorso per i Mediatori Equestri, figure professionali appositamente formate per la promozione di attività didattiche e laboratori esperenziali di tipo puramente educativo, rivolte ai più giovani nelle aree del “sociale” (sensibilizzazione al mondo delle diverse abilità e dell’handicap) ed “Intercultura” (accettazione delle seconde generazioni di immigrati sempre più presenti nella scuola).

Le valenze dei progetti realizzati nelle attività a terra sono molte e trasversali! Alcune delle quali sono sotto sintetizzate:

L’aspetto comunicativo: per mezzo della relazione con l’ animale viene a favorirsi lo sviluppo di nuove abilità comunicative che inducono ad una maggiore attenzione verso l’altro, maggiore consapevolezza comunicativa, acquisizione di nuovi codici comunicativi.

Le abilità di osservazione: l’esperienza direttamente vissuta e la particolare attenzione nel rendere l’allievo protagonista dell’interazione con il cavallo, stimola ad interiorizzare le situazioni ed i particolari che più hanno caratterizzato un evento o una circostanza, sviluppando, la capacità esplorativa, la memoria, l’attenzione, la capacità di problem solving e planning… Il contesto deve essere ovviamente favorevole per lavorare su questi macro obiettivi: la tranquillità del setting, l’assertività e la capacità relazionale del tecnico, le giuste tempistiche per rendere possibile una riposta ricercata sono solo alcune delle tante variabili in gioco.

Empatia ed affettività: come detto sopra, il “prendersi cura dell’altro”, soprattutto se bisognoso di attenzioni, aiuta la persona debole a sentirsi importante, autonoma, efficace nel rispondere ad un bisogno di un essere vivente dalla forte polarizzazione emozionale, che certamente potrà ricompensarlo anche nel montarci sopra, garantendo così piacere, senso di “superiorità”, sprezzo del pericolo ma soprattutto sentirsi diverso (questa volta in positivo) rispetto ai coetanei che spesso svolgono attività sportive più “comuni”.

Autoefficacia ed attivazione: il rapporto con l’animale può essere stimolo per acquisire particolari capacità, imparare a saper fare e, attraverso una forma di decentramento stimola la tendenza alla relazione con il mondo esterno, con la comprensione delle diversità e delle differenti regole di adattamento alle situazioni.

Epimelesi: nelle attività a terra l’intimo e personalissimo scambio empatico -relazionale  con il cavallo favorisce le cosiddette tendenze epimelettiche verso l’altro e verso sé stessi, quindi il prendersi cura, l’essere altruisti, l’aver cura del proprio corpo e del contesto oltre che di adattarsi all’altro.

L’aspetto motorio (fine e grossolano): per sperimentare concetti di equilibrio, forza o destrezza. Pulire il cavallo, provvedere alla gestione del suo box, tagliare (coltelli senza punta!!) le carote, distribuire le profende, oppure semplicemente provvedere alla pulizia del beauty degli attrezzi per il grooming, sviluppa una serie di competenze fino motorie, anche grazie all’utilizzo di strumenti (proiezioni del proprio corpo) che sviluppano lo schema corporeo e la coordinazione dei gesti.

Tutti questi spunti di intervento sono alla base di un intervento educativo che prevede tempi di realizzazione e modalità operative particolari, frutto di una specifica formazione che fa la differenza tra un’attività equestre puramente ludica e l’Equitazione Integrata®.