E’ interessante comprendere perchè il cavallo può rivelarsi come valido intermediario e facilitatore nei confronti di persone caratterizzate da differenti forme di autismo.

Anzitutto il cavallo trasmette una sensazione di potenza, grandezza e forza. E’ infatti un animale simbolicamente molto presente nell’immaginario collettivo, poichè richiama fantasie legate al “Sé grandioso” di ognuno di noi rappresentando i concetti di potenza, bellezza e libertà.

A queste caratteristiche sono inoltre associate sensazioni di calore e morbidezza dell’animale che favoriscono un avvicinamento fisico e quindi emotivo. E’ noto infine quanto il cavallo possieda una sensibilità unica che lo caratterizza, fondata su una dimensione comunicativa differente rispetto a quella umana, basata sull’attenzione a dettagli comportamentali ed emotivi di coloro che lo circondano che gli permettono di comprendere la persona che con lui si relaziona e di approcciarsi ad essa nella maniera più adatta.

Cavallo e autismo: affettività, empatia e relazione efficace!

Tutte queste peculiarità predispongono ad una relazione basata essenzialmente su emozioni e non parole, su un piano che vede l’affettività e la comunicazione emotiva come protagoniste, contrariamente alla comunicazione verbale più razionale normalmente utilizzata tra esseri umani e rispetto alla quale la persona autistica è fragile.

L’empatia, cioè la capacità di mettersi nei panni dell’altro che nella quotidianità di molti è cosa scontata, per la persona autistica è quanto di più difficile possa esistere: immedesimarsi nella condizione e nelle emozioni altrui è un ostacolo da superare.  Grazie alla comunicazione emotiva instaurata col cavallo la persona autistica riesce a meglio intendere e maggiormente sviluppare azioni e relazioni. Questo vale anche per tutti quei soggetti da forme di autismo di cosiddetto “alto funzionamento” come la sindrome di Asperger.

La relazione sia corporea che emotiva instaurata con l’animale porta infatti il soggetto autistico a individuare i propri limiti e i propri desideri/obiettivi, puntando ad un miglioramento delle proprie potenzialità e a percepire più direttamente le proprie capacità nell’instaurare relazioni significative.

La riabilitazione equestre è quindi un’attività che stimola, sviluppa e sostiene la persona autistica in un percorso di crescita personale che vede coinvolti i propri limiti ma soprattutto le proprie risorse e che punta ad aumentare l’autostima e la crescita personale attraverso il rinforzo del proprio sè.

Tutto ciò è possibile grazie alla funzione mediatrice del tecnico che attraverso la sua posizione di conduttore assertivo e conoscitore profondo del cavallo e del cavaliere che ha di fronte, è in grado di predisporre un setting funzionale e prezioso per ogni singolo utente che si approccia all’ippoterapia. Il tecnico conduce la ripresa a diretto contatto col suo cavaliere, osservando quanto accade, supportandolo nella decodifica e nelle esercitazioni, restando a disposizione del suo allievo per tutto il tempo: prima, durante e dopo la ripresa.

Un elemento di massima importanza del contesto nel quale viene calata l’attività è il cosiddetto setting. Questo rappresenta un facilitatore per tutti i soggetti fragili: il cavaliere viene infatti  a trovarsi in un luogo immerso nella natura, abitato da animali (spesso non solo cavalli) e tra persone che nulla hanno di medicalizzato e lontane dalla valutazione e dal giudizio, tutti aspetti rassicuranti che facilitano nel soggetto l’instaurarsi di una relazione positiva sia coi cavalli che con gli operatori di riferimento e che sostengono il continuo miglioramento del rapporto con la realtà e quindi della stabilità affettiva e sociale della persona.

dott.ssa Francesca Urciuoli
Psicologa e Tecnico di Equitazione Integrata® EQUITABILE®