Sempre più spesso riceviamo contatti da parte di tecnici ed operatori del settore che manifestano un profondo disagio dettato da un senso di solitudine relazionale e professionale nella quale sono calati loro malgrado per condizione.

Ci si trova a lavorare in alcuni contesti equestri dove si è percepiti come “estranei” e la presenza dell’ippoterapia in molti contesti viene vissuta come un ostacolo alle “normali” attività di maneggio: troppe esigenze, ausili, necessità particolari che spesso relegano le nostre attività al lunedì, giorno di chiusura dei centri ippici.

Alcune volte le attività equestri nel sociale sono il famoso “specchietto per le allodole” che hanno il compito di dare “lustro” o “ritorno d’immagine” ai vari centri equestri, spesso agevolati dagli enti locali proprio per il loro “coinvolgimento” nel sociale con l’ippoterapia…

Sottolineiamo però che non tutti i centri sono così: molti maneggi danno una grande e sentita disponibilità verso le attività equestri rivolte ai più deboli, spesso collaborando (o sostituendosi) nel realizzare eventi i cui proventi vanno nella direzione del sociale.

Non tutti i tecnici di ippoterapia o Equitazione Integrata™ sono così fortunati, e devono  regolarmente adattarsi alle piccole o grandi difficoltà imposte da una convivenza opportuna e necessaria ma spesso limitante…

Un disagio sempre più evidente tra gli operatori di ippoterapia

La grande esigenza che percepiamo da amici e colleghi che svolgono attività equestri nel Sociale e provenienti dalle più differenti formazioni e realtà, è proprio il senso di solitudine e di disillusione che li accompagna in un lavoro chiuso tra i quattro lati di un maneggio. Questo rischia di diventare l’anticamera di un malessere più profondo, il burn out, ovvero una malattia professionale tipica di coloro che hanno un ruolo di sostegno verso i più deboli.

L’immagine che ci siamo costruiti nel tempo è quella di una serie di realtà locali –spesso composte da una o due persone- che non riescono a comunicare o mettersi in rete con sodalizi che lavorano nello stesso ambito di intervento limitrofi o a distanza.

Come piccoli feudi i nostri centri di ippoterapia (utilizziamo questo termine in modo generico includendo volontariamente ed erroneamente anche tutte le altre attività parallele non riconducibili all’aspetto puramente riabilitativo) lavorano sul proprio territorio ma non riescono a comunicare tra loro; questo ci appare un grande “handicap”, aggravato dal fatto che “noi” che lavoriamo nel Sociale abbiamo l’imprinting della condivisione e del lavoro in equipe!

Qualcuno dirà che all’interno della propria realtà vi è già una equipe di lavoro (fortunati coloro che ne hanno una vera, seria e presente… molti la hanno purtroppo solo sulla carta!)  che sostiene e supporta l’operato del singolo professionista; alcuni si sentono particolarmente “grandi” da non sentire il bisogno di mettersi in rete (i famosi “faso-tuto-mi”) perché addestrati dal dogmatismo di alcune scuole di pensiero (…) nell’essere gli unici a poter proporre tali attività mentre gli “altri” non sarebbero riconosciuti…

Dopo anni di lavoro in collaborazione con molti amici e colleghi, lavoratori del Sociale “generico” (educatori professionali in primis) abbiamo imparato l’importanza del “dubbio” e della continua e spasmodica ricerca di relazione con altri professionisti per uno scambio di idee e proposte alla pari, ma, soprattutto, per la condivisione dei potenziali malesseri che il soggetto lavoratore del Sociale può incontrare nel suo cammino professionale.

E che dire di un senso di disagio nel non potersi confrontare sulle molte esperienze che ognuno di noi ha acquisito e sulle difficoltà nell’approcciare o gestire certe situazioni o certi casi?
Non tutti sono  convinti di “essere arrivati”; alcuni –per la verità molte persone– sono “illuminati dal dubbio” di far bene il loro lavoro con certi soggetti, seguendo il famoso detto che
il buon educatore parte dai dubbi, non dalle certezze”.

Se il mondo equestre tende a dividere ecco la scappatoia…

Le grandi Cattedrali Equestri che hanno attinenza nel Sociale (non facciamo nomi perché dovremmo nominarle praticamente tutte) si limitano a cavalcare i soliti e vecchi temi disgreganti dell’appartenenza politica, creando spesso stupidi e inopportuni scontri alla base tra i tecnici dalle differenti provenienze e senza porre l’attenzione sui veri bisogni che si vanno a creare per lo sviluppo del settore.

In un certo qual modo EQUITABILE® è nato proprio per “rompere gli schemi” di questa patologia che vuole dividere ed imperare, senza la presunzione di avere ricette preconfezionate atte a risolvere il problema ma, certamente, per unire in rete chi non si sente rappresentato da coloro che da troppo tempo non mettono i piedi nella sabbia a lavorare con una persona debole in sella.

EQUITABILE® è Movimento proprio per evitare di entrare in questi circoli viziosi che si fermano all’apparenza o all’appartenenza fine a se stessa, che non incentivano occasioni di incontro “alla pari” tra le tante diversità di esperienze, provenienze, competenze per sviluppare una crescita comune non solo professionale ma soprattutto umana.

Elemento fondamentale ed imprescindibile, che vuole fare la differenza e porre le basi per una sempre più spinta sinergia tra i lavoratori del settore ed i singoli centri equestri del Sociale, è la partecipazione attiva: alcune persone ci contattano evidenziando quanto promesso e non mantenuto dalle altre Realtà, cercando in noi un nuovo “contenitore” e supporto organizzativo… 

Crediamo che questo non sia l’approccio corretto per entrare a far parte del nostro Movimento, che non vuole essere un servizio alternativo agli altri, ma un luogo di incontro ed interscambio… Alla pari!