L’attività con il cavallo ha lo scopo di fornire a soggetti con difficoltà uno strumento in grado non solo di sviluppare autostima ed efficacia personale; è possibile esaltare una particolare capacità gestionale, quella cioè di controllare un essere particolarmente responsivo che spesso mette in condizione di contrastare le sue volontà sviluppando un carattere deciso e pronto ad eseguire le azioni più congrue alle differenti situazioni.

Non è più la persona “debole” a dover rispondere alle richieste provenienti dall’ambiente, a giocare un ruolo tendenzialmente passivo: nell’interazione con il cavallo può acquisire una crescente consapevolezza dell’alterità animale col quale è possibile instaurare un rapporto emotivamente significativo che, proiettato nelle relazioni interpersonali “normali”, sviluppa una grande capacità di adattamento e attenzione verso l’altro.

L’aspetto educativo delle attività e laboratori di Mediazione Equestre -particolarmente indicato per la scuola dell’obbligo e svolti direttamente in classe per poi continuare in maneggio o fattoria- ha lo scopo di sensibilizzare all’interazione tra i diversi protagonisti coinvolti nelle esercitazioni, ponendo particolare attenzione all’inclusione dei  soggetti più deboli.

A differenza di altri percorsi formativi, quello di Mediazione Equestre non prevede l’attività in sella. Questo potrebbe apparire riduttivo in prima battuta poichè luogo comune è quello di pensare sempre al montare a cavallo come unica occasione di pratica equestre.

Al contrario, è possibile promuovere moltissime attività ludiche di tipo zooantropologico e relazionale con il Nobile Animale che, se opportunamente proposte su schede didattiche, psicodrammi o semplici giochi di ruolo, può rivelarsi una importante occasione di incontro informale con il “diverso”, abbattendo potenziali timori ed in piena sicurezza!

Attraverso una specifica formazione nelle aree del Sociale (prevalentemente disabilità, disagio sociale o rischio di devianza) e dell’Intercultura (seconde generazioni o giovani immigrati appena giunti in Italia) diventa concreta l’opportunità di sviluppare progetti educativi rivolti alla Scuola dell’Obbligo ed ai Centri di Aggregazione Giovanile particolarmente innovativi e differenti dalle tradizionali proposte in campo equestre.

Il ruolo del Mediatore Equestre è quindi quello di assicurare un buon livello di relazione e di sviluppare un ambiente adattivo ed educativo per mezzo delle referenze che derivano da una relazione empatica ed affettiva con l’animale stesso.

In questo senso il Mediatore diventa un “ponte” di contatto tra uomo ed animale, elemento facilitante di una relazione che, di per sè, potrebbe venire minata da difetti di interpretazione e mancanza di attenzioni funzionali all’ottenimento di risultati educativi e socializzanti.

In questo ambito gli stili di relazione possono influenzare direttamente il rapporto tra operatore ed utente; essi si distinguono in:

  • Prescrittivo: sostituisce l’autodeterminazione e non favorisce il problem solving;
  • Punitivo: provoca ansia con conseguente possibilità di instaurarsi di comportamenti problema;
  • Socratico: favorisce autodeterminazione ed autonomia; è lo stile educativo per eccellenza, quello che conduce ad una vera crescita della personalità e sviluppa le competenze.
È evidente quale è il migliore stile relazionale dal punto di vista educativo….
Corre l’obbligo, a questo punto, di accennare brevemente all’assertività; con questo termine si intende manifestare i propri sentimenti ed emozioni in maniera sincera ed adeguata. La comunicazione assertiva può essere sia verbale che non verbale; essa vuol dire dimostrare per noi stessi lo stesso rispetto che portiamo agli altri.

L’assertività nel lavoro in maneggio:

  • Consente di agire nel nostro maggior interesse;
  • Aiuta ad affermare le nostre opinioni senza scatenare ansia ed a esprimere le nostre emozioni in maniera sincera;
  • Rende possibile affermare i nostri diritti personali senza negare quelli degli altri;

La comunicazione assertiva non significa ottenere ciò che vogliamo, significa comunicare basando l’interazione sul rispetto reciproco.

Lavorare con una persona disabile -soprattutto a cavallo- può far scaturire intense emozioni: talvolta la relazione può risultare difficoltosa, in quanto la comunicazione di un soggetto con ritardo è più diretta e priva di filtri: ciò può essere vissuto dall’operatore come un’aggressione o un senso di rifiuto sviluppando in lui sensi di colpa.

Quando si entra in relazione con una persona con disagio, di qualsiasi tipo possa essere, si avverte il bisogno di erigere delle difese per evitare paure o ansie: ciò può provocare delle barriere che compromettono la comunicazione.

Non dimentichiamo che questo tipo di relazione d’aiuto si svolge in un contesto molto particolare e con un elemento vivo dalla forte polarizzazione affettiva quale il cavallo, che non richiama nell’immaginario ideali di grandezza e magnificenza ma che impone un bilanciamento di quelle che sono le più intime paure ed incapacità dell’essere umano: un percorso per raggiungere la piena consapevolezza di se tra super-IO ed io -meschino…

La progressione di attività facilitanti è fondamentale; il lavoro a terra, da questo punto di vista, è estremamente importante per definire le basi di una relazione a tre (cavallo-cavaliere-tecnico) e per avere le successive potenzialità di raggiungimento della personalità forte e matura anche attraverso le attività in sella.

Il comportamento assertivo diviene così l’unico modo per affrontare ogni situazione vista come “problematica” in modo efficace e costruttivo.