Nel precedente articolo abbiamo introdotto la figura di Federico Caprilli, ideatore del Sistema di Equitazione Naturale che ha rivoluzionato il modo di montare a cavallo in pieno decadentismo.

Il raggiungimento della fama e del riconoscimento formale delle sue teorie non è stato affatto semplice.

I primi nemici, Caprilli, li ha dovuti “affrontare” dall’interno, ovvero dal sistema del quale lui stesso era parte: quegli stanchi ufficiali superiori, gli aristocratici acculturati e gli spocchiosi maestri equestri che fecero il loro tempo… quei tanti portavoce della vecchia scuola e dei polverosi regolamenti militari che vedevano nelle idee “strampalate” del giovane capitano di cavalleria, pur non nobile di origine, una sorta di screditamento del “loro” potere, l’incapacità ad adeguarsi alle regole, il voler andare contro a quelle verità che erano già catalogate, riconosciute, definite…

Questo anche di fronte alle evidenze.

Quando il regolamento militare dichiarava che “il salto di un ostacolo di un metro è da ritenersi altezza considerevole” lui, Federico Caprilli, andava ben oltre con i suoi mitici cavalli dell’epoca (Melopo, Sfacciato, Vecchio), per giungere, nel 1902 al record di elevazione di 2.08 mt.

Era il Valentino Rossi, lo Schumacher dei nostri tempi… Colui che veniva sempre anticipato dalla sua fama e dalle sue vittorie, da uno stile pur contrario alla tradizione ma efficace e che portava risultati!

I cavalli da lui montati ed interpretati, pur riconosciuti come collerici e pericolosi, diventavano “inspiegabilmente” sereni e agli ordini, tanto da affrontare situazioni ritenute impensabili fino a poco tempo prima.

Concetto sostanziale è: di sempre assecondare e favorire gli istinti e le attitudini del cavallo, evitando di produrgli durante il lavoro inutili sofferenze.
-Feerico Caprilli-

piccola larkSi pensi a Piccola Lark, la cavallina “SUV- Sport Utility Vehicle” del Capitano: era la cavalcatura che utilizzava con più piacere per le molte attività private e spostamenti, oltre a divertirsi con lei in spettacolari giochi di abilità.

E’ rappresentata in una delle prime immagini che accompagnano i molti testi che parlano del Maestro, quella baia che salta insieme al suo cavaliere una sedia (larghezza 70-80 cm?), una cavalla che –dicono le cronache- veniva montata senza imboccatura (Pat Parelli non era ancora nato, vero??) a sintetizzare quanto vi potesse essere di unitario e sinergico tra due anime diverse ma allo stesso tempo complementari.

Il nome ed il mito che ha contribuito a creare con le sue sole forze Caprilli, unito a quel savoir-faire tipico della cavalleria ha attratto sulla Sua persona le attenzioni (e spesso anche molte gelosie ed acredini) di un vasto pubblico di ammiratori, non da ultimo quello femminile, da sempre sensibile a fascino, modi gentili e sprezzo del pericolo che negli anni a venire avrebbero condotto al mito del super uomo Nice-Dannunziano.

Proprio a causa di una scappatella con la consorte di un alto ufficiale (probabilmente di famiglia Savoia) il Maestro venne trasferito “per punizione” nel reggimento di cavalleria più lontano dal gotha equestre militare (Pinerolo –TO), presso i Lanceri di Milano a Nola di Napoli.

In infortuniis vistus relucet

Il “forzato esilio” unito ad una astinenza dalla vita mondana del vitale Piemonte Sabaudo ha permesso a Caprilli di buttarsi nuovamente a capofitto sui suoi studi ed insegnamenti sperimentali.

E quale occasione migliore di trovarsi in un reggimento nel quale venivano confinati tutti i cavalli ritenuti più pericolosi e difficili, scartati dai reggimenti più in voga, e per giunta con delle risorse umane – i militari di truppa- tra le peggiori in quanto rozze, incomprensibili (parlavano effettivamente un’altra lingua rispetto all’italo-piemontese) e senza alcuna cultura?

Ebbene, nell’arco di pochi mesi, lontano dalle attenzioni dei regolamenti e dei superiori “influenti” il Maestro riuscì ad ottenere risultati strabilianti nell’addestramento equestre di uomini e cavalli con il Suo sistema.

Quando un cavallo oppone difficoltà, è irrequieto, scappa, si pianta, o si difende, ciò fa quasi sempre per sottrarsi ad un dolore che gli procura l’azione del cavaliere o per tema di esso.
-Federico Caprilli-

elevazioneLa partecipazione degli stessi cavalli “scassoni” ad alcune competizioni equestri, montati da cavalieri ritenuti fino a poco tempo prima inadeguati ha obbligatoriamente messo in condizione anche i più critici che le teorie di Caprilli non erano solo istintualità, sesto senso, “competenza inspiegabile di un matto che vinceva tutte le gare”, ma, al contrario, era un metodo che portava risultati ad un ampio ventaglio di cavalieri -per di più i meno dotati o fortunati- e con cavalcature ritenute fino ad allora ingestibili e pericolose.

Potremmo dire, per stare in tema EQUITABILE®, che il primo grande ippo-terapista della storia sia stato proprio Caprilli!

Ha dimostrato che anche i soggetti (uomini e cavalli) più limitati possono raggiungere obiettivi importanti se accompagnati in progressione e senza innescare crisi da paura-dolore, anzi, assecondando le predisposizioni naturali elevandole come potenzialità.

Son fisime pensare che il cavallo si possa sostenere tirando le redini! Son caduto 400 volte, e 400 volte ho constatato che la mia mano non ha mai impedito, anzi talvolta ha facilitato una caduta, privando il quadrupede dé suoi movimenti naturali.
-Federico Caprilli-

Il riconoscimento formale del Sistema Caprilli

I tempi delle critiche e delle diffidenze volgevano al termine: i Comandi Generali iniziano a concedere a Caprilli maggiori spazi di operatività formativa secondo il Suo nuovo metodo; anche molti tra i più focosi contestatori del Sistema di Equitazione Naturale saltano giocoforza sul carro del vincitore e le evidenze non tardano a venire.

Il Sistema Caprilli diventa in breve tempo un riferimento non solo per l’intero percorso formativo ed addestrativo di tutta la cavalleria italiana, ma raggiunge livelli di stima ed apprezzamento, tali da richiamare a Pinerolo ufficiali e delegazioni di tutta Europa per imparare –e diffondere a loro volta- il nuovo metodo per montare a cavallo.

Il segreto dello star fermo a cavallo è quello di essere elastico, e di saper fare forza a suo tempo.
-Federico Caprilli-

Con lo “Stile Caprilli” molte generazioni di soldati a cavallo hanno convissuto: alcuni hanno portato la tecnica in battaglia (le due guerre mondiali), altri hanno dovuto loro malgrado lasciare l’Arma Romantica per la nuova e più “moderna” aeronautica, altri hanno continuato gli addestramenti sportivi e/o a fini bellici fino ai giorni nostri.

civileLa produzione e l’opera di Caprilli si ferma bruscamente una sera d’inverno del 1907 quando, provando un cavallo dal suo commerciante di fiducia e procedendo al passo sulla strada pubblica è stato visto cadere inerme di testa, certamente per un malore che lo ha portato alla morte.

Un cavallo baio (dal nome “Bertone”) fu il primo cavallo in assoluto montato dal bambino “Ghigo” nella sua Livorno; un cavallo baio (anonimo) fu l’ultimo montato alla ancor giovane età di 39 anni. 

Molti ex ufficiali e sottufficiali in congedo hanno contribuito alle nascita dell’equitazione sportiva civile ed i loro “figli e nipoti spirituali” hanno dato nuova linfa alla tecnica equestre sulle basi di nuove idee, bisogni e concezioni che nel tempo si sono fatte avanti. Il tutto originato da quelle teorie, quelle idee, quegli studi che hanno contribuito -con Caprilli- a rendere ancor più affascinante la “Belle Époque”.

Il sistema di Equitazione Naturale è stato per anni una luce che ha innovato e dato lustro all’equitazione italiana, portandola ad altissimi livelli espressivi.

Bolla, Bianchetti, Ubertalli, fino ai Fratelli d’Italia, i mitici Piero e Raimondo d’Inzeo, Mancinelli ed i tanti illustri cavalieri che, figli più o meno diretti del Sistema Caprilli, hanno fatto grande il nostro sport, in modo pulito e nel pieno rispetto del cavallo.

E noi, nel nostro piccolo montare a cavallo, ci sentiamo orgogliosamente discendenti “spirituali” di questa storia tutta italiana che ha insegnato al mondo intero il “bello stile equestre”?

L’estensione del collo va sempre concessa: serve al cavallo per poter guardare, e se il cavallo non ha guardato, non passa!
-Federico Caprilli-

Se sei arrivato fino a quì nella lettura, probabilmente potrebbe interessarti un puntuale documento (che abbiamo riservato ai pochi lettori che terminano la lettura dell’articolo) sulla biografia di Caprilli… Buona Lettura!