Il cavallo non è una macchina: seguendo la sua natura di animale predato può avere comportamenti imprevedibili (“pazzi”, rispetto al modo di pensare umano, sebbene molto razionali e etologicamente congrui) non solo per reazione a certi comandi del cavaliere ma anche e soprattutto per stimoli esterni che possono spaventarlo e, di riflesso, indurlo alla fuga, con conseguente possibile disarcionamento della persona in sella.

Diventa così importante capire quando vi sono i presupposti per lavorare su questi obiettivi, creando occasioni opportunamente protette e  programmate, non solo attraverso il setting di intervento facilitante ma anche per tramite dell’utilizzo di un cavallo affidabile, secondo una progressione pratica che sia la risultante di una serie di esercitazioni preliminari che conducano, naturalmente, alla guida autonoma.

Ci riferiamo a tutti quei passaggi che implicano innanzitutto la verifica delle competenze precedentemente acquisite in materia di orientamento spazio-temporale, di prontezza nell’eseguire quanto richiesto dal tecnico, conoscenza delle semplici azioni (aiuti) per guidare efficacemente l’animale, consapevolezza nel rispettare le regole di maneggio e di quelle specifiche nell’affrontare alcuni passaggi…. Veramente tanto!

Sul fronte della sicurezza ed esposizione al rischio (non solo fisico ma soprattutto emotivo-emozionale del cavaliere) le attenzioni non sono mai troppe per garantire un lavoro serio e, sebbene lungo e difficile, professionalmente ineccepibile.

Verificato che il cavaliere ha raggiunto i fondamentali, ipotizzare una prova generale con un solo operatore che tiene il cavallo alla longhina (sufficientemente lunga e a distanza dal raggio di interazione con l’animale) per verificare la reale efficacia nel guidarlo potrebbe essere un buon esercizio.

Successivamente, le prove di guida con cavallo sciolto dalla corda ma sempre “indirizzato” dalla sola presenza del tecnico che procede a piedi davanti all’animale potrebbe essere l’occasione per valutare ulteriormente le abilità acquisite e, soprattutto la gestione dell’emotività di fronte a piccoli rifiuti o risposte inaspettate del cavallo.

Anche questa fase può richiedere molte lezioni per raggiungere buoni risultati: il consolidamento di tutte queste nuove esperienze, suffragato con la teoria del buon ricordo,  andrà sempre più ad incentivare l’evoluzione del cavaliere che, quando pronto ad affrontare l’ulteriore passo, potrà iniziare a condurre l’animale a distanza dal tecnico che, simulando una normale lezione di equitazione, potrà posizionarsi al centro dal maneggio fornendo indicazioni e supporto all’allievo.

Tante sono le variabili: il campo di lavoro – posizionato in un luogo tranquillo e perfettamente conosciuto dal praticante- non dovrà essere eccessivamente grande per non creare disagio e potenziale pericolo; l’utilizzo di un cavallo affidabile, “maestro” ad accompagnare l’utente in queste delicate fasi e in perfetto feeling con l’istruttore è fondamentale, a meno che non vi siano altri e prioritari obiettivi valutare molto bene se è il caso di cambiare spesso il cavallo al nostro allievo!

Certo è che l’obiettivo principe in equitazione integrata® è sempre quello di educare, non addestrare!

Quando vi siano i presupposti per guidare in autonomia un cavallo, anche per mezzo di ausili come l’utilizzo delle manigliette,  è sempre e comunque obbligatorio porsi l’obiettivo finale della nostra proposta (avviamento allo sport, all’agonismo, alla gestione del cavallo per consolidare le competenze raggiunte nel lavoro precedente…) e verificare se coincide con le aspettative dell’interlocutore, della sua famiglia o dell’ente inviante.

Certamente si tratta di un progetto che può vedere mesi (anni) di interventi preliminari e, come già scritto in precedenza, potrebbe essere un obiettivo che non verrà mai raggiunto, anche a causa di criticità subentrate in itinere, es. una brutta esperienza in sella che ha creato una regressione particolarmente forte…

Ecco perché in Equitazione Integrata®, come in educazione speciale, il tempo per il raggiungimento di obiettivi non è una variabile importante, come la capacità di riorganizzazione degli interventi in relazione ai vissuti, esperienze ed aspettative della persona!