In Rieducazione Equestre ogni utente è un caso a sé, sintesi della sua componente “abile” con quella non abile, della sua storia personale e dei vissuti positivi e negativi che, nel tempo, hanno plasmato la persona così come la incontriamo noi in maneggio.

Le aspettative del singolo -e di coloro che lo sostengono all’attività a cavallo, famiglia in primis- sono un ulteriore elemento da considerare nella definizione degli obiettivi da porsi a breve, medio e lungo termine per intraprendere un percorso di riabilitazione a cavallo.

E’ ovvio che questi sono solo alcuni degli spunti da considerare per stabilire innanzitutto se il nostro servizio è il più giusto per quel particolare soggetto e, successivamente, qualora il quesito abbia avuto risposta positiva, per definire un piano d’intervento che possa rispondere efficacemente ai bisogni dell’utente.

I bisogni dovrebbero essere conseguenza della razionale consapevolezza sulle reali potenzialità della persona,  comprendenti anche tutte quelle limitazioni (motorie, intellettive o comportamentali) che potrebbero ridursi, ma che –molto probabilmente- non saranno mai definitivamente annientate.

Questa premessa è d’obbligo perché spesso le famiglie di alcuni nostri ragazzi -e di riflesso anche loro stessi- non hanno rielaborato completamente la condizione del loro congiunto e tendono (per una naturale quanto patologica reazione istintiva) a nascondere o ridurre il problema.

In circostanze simili, le aspettative e le richieste espresse in materia di educazione, di socializzazione e di partecipazione possono vedere una difficile realizzazione con conseguente alimentazione di nuovo malessere e chiusure (il primo a pagarne le conseguenze è purtroppo la persona debole) nei confronti di “un mondo che non capisce”…

Detto ciò è opportuno che il tecnico sappia leggere tra le righe per accordare sin dall’inizio obiettivi realizzabili sulla base di un razionale bilancio delle competenze dell’utente, pur tenendo aperte le porte delle potenzialità donate dagli eventi.

In maneggio, la guida autonoma del cavallo è la grande aspettativa (alcune volte) del cavaliere, molto spesso della famiglia, una sorta di attesa nel riscatto dalla condizione di disagio del figlio che, montando in sella senza supporto alcuno, confermerebbe quell’intimo bisogno di normalizzazione che tutti i genitori “speciali” si aspettano per il loro figlio.

Purtroppo però la guida autonoma in ippoterapia è solo uno dei tantissimi obiettivi da perseguire potenzialmente: certamente non è il primo, e spesso diventa la naturale evoluzione di un percorso lungo che ha visto una serie concatenata di sotto-abilità ricercate e raggiunte dall’utente che, unite in sinergia, vedono la realizzazione di questo importante traguardo.

Da sottolineare che non tutti i praticanti diversabili possono raggiungere la guida autonoma del cavallo, proprio a causa delle particolari condizioni di svantaggio (soprattutto intellettivo o gravissime patologie motorie) che non permettono quella plasticità di adattamento alle situazioni sia sul fronte dell’efficacia della risposta nella gestione dell’animale che rispetto al mantenimento dell’equilibrio fisico ed emotivo.

Qualora vi siano le condizioni per intraprendere un percorso rieducativo che produca risultati sul fronte della guida autonoma sarà opportuno seguire una opportuna progressione operativa che solo l’esperienza di un tecnico esperto e specializzato potranno garantire per l’efficacia del progetto e per l’incolumità del cavaliere secondo una serie di attività preliminari che potranno condurre al raggiungimento di apprezzabili risultati.