Talvolta, all’interno delle scuderie, capita di sentire persone che non sanno come gestire problemi gravi che si presentano col proprio cavallo…

Il cavallo è irrequieto, scalcia, non si lascia ferrare ma a volte nemmeno avvicinare tanto facilmente…Tende a mordere e rifiuta qualunque tipo di approccio.

Il cavallo CATTIVO in realtà non esiste.

Spesso la motivazione di questo comportamento difficile è da ricercare nel suo passato: traumi da esperienze negative con gli umani (magari una doma frettolosa e violenta) o un carattere talmente forte da aver prevaricato il padrone insicuro o debole.

Se nel primo caso siamo di fronte a un cavallo traumatizzato, nel secondo si parla più di cavallo “viziato”.

Ciò che li accomuna è senz’altro la difficile gestione, sia come gestione da terra, sia montata.

Per approcciarsi a un cavallo così “difficile” è sicuramente necessario conoscere le sue esperienze precedenti. Sicuramente l’aggressività o la nostra forza (imparagonabile con la loro!!!) non servono. Parola d’ordine:PAZIENZA!

Il cavallo traumatizzato

Il cavallo traumatizzato non si lascia, generalmente, nemmeno avvicinare… tutto il resto (ferratura, ma anche medicazioni se necessarie) diventa molto difficile e nel momento in cui si cerca di prevaricare, magari con punizioni fisiche, aumentano l’aggressività e la sfiducia.

Cavalli con queste caratteristiche (traumi) sono spesso reduci da una doma brutale, carica di punizioni, di tensioni, oppure si tratta di puledri sempre vissuti allo stato brado che improvvisamente si cerca di addestrare imponendo loro regole rigide di vita inconciliabile rispetto a quella condotta fino a quel momento.

Il cavallo difficilmente si piega. Il rischio è che rimanga un disadattato e non se ne ricavi nulla.

Un libro che mi ha colpito molto a questo proposito è stato “Zucchero e Peperoncino” di Barbara Miele.

L’autrice narra di aver accolto (in alternativa ci sarebbe stato l’abbattimento!) nel suo maneggio un cavallo arabo domato da poco che però era assolutamente incompatibile col carattere della sua proprietaria e che aveva subìto in passeggiata assieme a lei, un trauma durante l’attraversamento di un ruscello.

Un cavallo che aveva un tremendo bisogno di primeggiare, di sfogarsi nelle corse, di vivere “nel vento” ma che la proprietaria non è stata in grado di capire e accettare.

Il primo passo per riuscire a riconquistare la fiducia di questo meraviglioso esemplare è stato osservarlo! Nulla più che sedersi vicino alla staccionata e guardare i suoi movimenti, lasciare che piano piano accettasse la presenza di un essere umano in campo che semplicemente lo guardava!

Fortunatamente questo esemplare di cui racconta l’autrice era di indole buona e mansueta (nonostante lei non fosse ancora riuscita a instaurare una piena empatia con lui, la sua bambina che gattonava, si è ritrovata a sollevarsi in piedi grazie all’arto anteriore del cavallo che le ha fatto da appiglio e supporto).

Ovviamente con un finale a lieto fine come spesso accade nei libri, ma mi è servito molto leggerlo per capire quanta e quanta e quanta pazienza e calma servono per dei cavalli con un passato difficile.

Il cavallo viziato

Diverso è l’atteggiamento dei cavalli viziati. Generalmente riescono a prendere il sopravvento quando hanno a che fare con proprietari deboli.

Anche in questo caso, come nel precedente, la forza, le punizioni, il lasciarli senza cibo, il prendere di punta la situazione, non portano a nulla di positivo.

Serve di nuovo la calma, ma in questo caso anche molta risolutezza e determinazione.
Il cavallo deve imparare chi comanda, ma senza per questo averne timore.

L’insistenza, nel fargli fare qualcosa, va sempre gestita con dolcezza.

Sempre rinforzi positivi oppure nessun rinforzo. Persistere nel fare accettare l’umano come un essere di cui avere fiducia ma del quale rispettare le volontà.

Cito un’esperienza non personale di una cavalla che non accettava l’acqua, in questo caso per testardaggine e non per paura come nel caso precedente…

Durante una cavalcata, improvvisamente si mise a piovere e lungo il sentiero si formò una pozzanghera. Giunti davanti ad essa la cavalla si impuntò perché non voleva attraversarla.

Il suo cavaliere, per più volte tornò un pezzettino indietro per confondere le idee alla cavalla ma la riportò sempre di fronte a quella pozzanghera finché la cavalla non cedette e la oltrepassò.

Difficilmente un cavallo traumatizzato o viziato può essere inserito in un contesto di riabilitazione o rieducazione equestre, ma almeno, con una buona e amorevole cura, può superare le sue difficoltà.

Liberamente tratto da un articolo della Dott.ssa SILVIA DIODATI – Medico Veterinario

Patrizia Cenedese
Tecnico EQUITABILE®