Fermo restando che la famiglia è il punto di partenza e di arrivo in ogni situazione sociale ed educativa in termini di responsabilità genitoriale, anche nel delicato connubio tra handicap e famiglia la  collaborazione con le istituzioni e la competenza dei professionisti (medici, psicologi, pedagogisti, assistenti sociali e terapisti vari) coinvolti nel processo di integrazione diventa determinante per la qualità dell’intervento.

Data la sua complessità e la sua delicatezza, la personalizzazione degli interventi e il rapporto con le famiglie dei ragazzi con debolezze pertanto, dovrebbe potersi costruire attraverso la condivisione dei seguenti obiettivi:

  • favorire la collaborazione professionisti-famiglia;
  • abbattere le eventuali barriere che ostacolano la collaborazione;
  • progettare modalità comunicative d’incontro;
  • valorizzare la partecipazione dei genitori;
  • costruire alleanze con le famiglie.

Quando handicap e famiglia si uniscono, la parola alleanza è qualcosa di più della condivisione di un progetto: è il segno di una relazione positiva tra persone che condividono un medesimo interesse; è una intesa, un’ unione, un patto d’amicizia, un legame nato da affinità di scopi e tenuto saldo da stima e considerazione reciproca.

Purtroppo nella pratica della realtà quotidiana, non è sempre facile conseguire tali obiettivi; per fortuna l’attuale prospettiva orientata all’inclusione e partecipazione delle persone deboli nel tessuto sociale sollecita sempre più l’intreccio complementare delle competenze professionali (in ambito medico, psico-pedagogico, educativo, riabilitativo) per rispondere ai bisogni educativi speciali al fine di evitare che la diversità si trasformi in difficoltà e possa, al contrario, essere vissuta come costruttiva differenza. Su questo tema è possibile leggere un nostro articolo  sulla Classificazione Internazionale del Funzionamento, delle disabilità e della Salute, ovvero l’ICF 2002.

handicap, famiglia e sinergia educativaQuando i genitori di una persona disabile entrano in contatto e si confrontano con i diversi soggetti professionali è importante, per la ricchezza che i primi portano con sé, che questi ultimi tengano in considerazione le loro opinioni, preoccupazioni o altro in merito al lavoro da svolgere, poiché solo una buona collaborazione può portare a buoni risultati.

I vissuti e le diverse competenze dei genitori stessi infatti, spesso possono essere in grado di offrire anche un’immagine dei loro figli diversa da quella medica, sicuramente inedita e la loro esperienza può diventare una competenza condivisibile, che permette agli specialisti di arricchire la loro visione delle problematiche legate alla disabilità e di pensare a percorsi terapeutici e assistenziali, a volte anche in modi e forme diversi dalle attuali.

Solo in questo modo il favorire l’accettazione, che non è intesa come rassegnazione, e la elaborazione di un piano di vita per ogni persona che congiunga il suo presente con il suo futuro potranno rendere possibile un lavoro concretizzabile ed aperto al cambiamento.

Su questi presupposti l’handicap e la famiglia possono contribuire ad una sinergia di indirizzo effettivo ed efficace per il raggiungimento di importanti obiettivi non solo terapeutici o educativi, ma anche partecipativi in ambiti trasversali come quelli dello sport e delle attività sportivo-ricreative come l’equitazione integrata™.

Per sottolineare questa specifica area di intervento e trattare il trinomio ippoterapia, handicap e famiglia è possibile leggere il seguente articolo.

dott.ssa Simona Ammirati
Educatrice Professionale ed Operatore Equitazione Integrata EQUITABILE®