Tra i temi di accese discussioni nel mondo equestre, quello del ferrare o meno un cavallo in lavoro è forse l’argomento che divide maggiormente gli appassionati e proprietari.

C’è da dire che le diverse scuole di pensiero hanno validi motivi e presupposti per sostenere le rispettive idee; oggettivamente ed a rigor di logica è opportuno sottolineare che tutto deve essere ricondotto alle soggettive caratteristiche del piede del cavallo che fruirà di un sistema piuttosto che l’altro.

Non è infatti pensabile lasciare “scalzo” un soggetto che presenta un’unghia fragile e particolarmente vitrea, chiamato a sostenere un lavoro su terreni eccessivamente duri, sconnessi o asciutti… Al contrario alcuni cavalli presentano una maggiore predisposizione nel venir gestiti senza ferratura; in certi casi il piede scalzo (opportunamente gestito e pareggiato  dal “podologo”) porta a ridimensionare alcune patologie, soprattutto di tipo infiammatorio o determinate da difetti di carico.

Un vecchio veterinario definì la ferratura come “un male necessario”, a sintetizzare –secondo il pensiero tradizionale- un interessante bilanciamento tra pro e contro tale pratica. E’ indubbio che il ferro possa indebolire l’unghia del cavallo a causa della presenza del chiodo e della sua azione meccanica durante il movimento dell’animale e, nei casi più estremi può anche concorrere alla definizione di sindromi navicolari o borsiti se il maniscalco non interpreta bene quel determinato piede all’interno di un sistema più complesso quale l’intero movimento dell’animale.

Se da un lato indebolisce l’unghia, dall’altro preserva il suo naturale consumo, soprattutto se il cavallo lavora su terreni duri o sabbia… ha anch’essa un’azione erosiva! Da menzionare anche una certa azione indiretta di protezione della suola da possibili sobbattiture.

La consulenza di un buon maniscalco di fiducia è indispensabile per garantire buoni livelli performativi e benessere; da ricordare l’importanza della regolarità della ferratura: 30-50 giorni in relazione alla produzione di unghia ed al consumo dei ferri!

I cultori del cavallo scalzo sostengono che sia possibile mantenere sferrato l’animale e utilizzarlo come se avesse i ferri; le condizioni per tenere un cavallo sferrato sono imprescindibili per non andare incontro a gravi danni per il nostro amico: innanzitutto una valutazione preliminare da parte di un “podologo” che, considerati una serie di fattori, tra i quali l’età dell’animale ed eventuali patologie associate al piede o al movimento, non da ultimo l’obiettivo del proprietario, il tipo di lavoro che il soggetto è chiamato ad effettuare e la modalità di stabulazione dell’animale, potrà decidere se è il caso di procedere.

Il percorso per raggiungere l’obiettivo di avere il cavallo scalzo non è veloce ne tantomeno matematico: non si può infatti pensare che tutto si “riduca” a togliere i ferri e provvedere al mero pareggio delle unghie… Innanzitutto il cavallo deve essere messo in condizione di avere uno “stile di vita” più agreste: i cavalli in box non sono ritenuti idonei per essere tenuti sferrati perché i processi di maturazione al “piede scalzo” devono passare inderogabilmente da un lavoro costante ed “invisibile” che sta nel movimento in paddock (o recinto) per sviluppare l’abitudine alla nuova condizione e fortificare il piede contribuendo a desensibilizzarlo nella deambulazione.

L’alimentazione è importantissima! Il 30% del risultato è da ricercarsi proprio in questo ulteriore accorgimento, grazie ad una dieta personalizzata e definita dall’alimentarista, che possa contribuire dall’interno a rendere l’unghia forte ma elastica.

E quando si lavora con soggetti disabili o “deboli”?

Sul fronte dell’operatività l’utilizzo di cavalli ferrati o scalzi (gestiti bene e con il supporto dello specifico professionista) non determina particolari differenze anche se due aspetti possono fare la differenza

Molti centri che promuovono ippoterapia o equitazione nel sociale tengono i loro cavalli sferrati almeno sui posteriori: questo per ridurre la possibilità di danni di fronte ad eventuali calci. I ragazzi disabili, soprattutto se intellettivi, comportamentali o bambini ipercinetici tendono ad avere una particolare predilezione nel passare dietro il cavallo, come se i posteriori fossero “calamitati”

Sebbene una delle prime regole che vengono insegnate sia proprio quella di non passare dietro (o almeno passare con particolari accorgimenti comunicativi e spaziali), la maggioranza dei nostri allievi tende “involontariamente” a dimenticarsi di questi precetti. Per questo motivo, come precauzione si evita di “armare” il posteriore con il ferro, rendendo l’eventuale calcio “meno pericoloso”.

Un’altra variabile, non preventiva ma meramente economica, risiede nella possibilità di risparmiare denaro nel tempo : l’investimento iniziale del percorso per rendere scalzo il cavallo può così rivelarsi dopo almeno 1-2 anni occasione per vedere ridotto il costo del maniscalco di un buon 30-35% rispetto alla tradizionale ferratura poiché si procede al solo pareggio. Per le casse di una associazione che lavora magari solo nel Sociale può essere una discriminante particolarmente apprezzabile se si posseggono più cavalli…

Per concludere, non è pensabile sostenere una ragione o l’altra a priori: è necessario ricondurre questi ragionamenti (e molti altri) a quel determinato soggetto in quella determinata condizione di lavoro, valutare molto attentamente quelli che sono le reali esigenze in funzione di soggetti cha abbiamo in scuderia e del lavoro che sono chiamati a svolgere.

Il più sentito consiglio è quello di affidarsi a validi professionisti sempre tenendo gli occhi molto aperti nell’osservare i nostri cavalli. Solo loro ci sapranno dire se quanto facciamo è corretto o meno!