Nelle attività di mediazione equestre -forse ancor più dell’equitazione integrata™ – l’incontro con un’utenza estremamente variegata è all’ordine del giorno: è così possibile interagire con bambini, con giovani o adulti disabili, soggetti caratterizzati da differenti forme di disagio o da possibili patologie, persone anziane ecc…

E’ difficile poter dare suggerimenti specifici per interloquire con gli utenti, soprattutto perché la soggettività dei singoli ed il loro vissuto o storia personale impongono un adattamento relazionale che deve inderogabilmente venire preparato per tempo e sulla base delle indicazioni pervenute dall’ente inviante, e plasmato al momento in funzione dell’evoluzione dell’intervento. Ci limiteremo a fornire alcuni elementi basilari che dovranno venire certamente calati alla situazione ed all’interlocutore per canalizzare l’attività in una direzione positiva ed efficace poiché non esiste un intervento standard.

Il presupposto di base per un approccio favorevole con un qualsiasi utente risiede nella volontà o predisposizione dell’interlocutore a relazionarsi con noi.
Spesso è richiesto un nostro intervento atto a stimolare soggetti particolarmente depressi, disinteressati a interagire con gli altri che tendono ad evitare o ad opporsi nell’approcciare con uno sconosciuto (anche se affiancato da un cavallo) o affetti da psicosi, spesso riconducibili alla sfera autistica: imporre la nostra presenza e/o quella del nostro “collega” nella maggior parte dei casi si rivela controproducente e spesso conduce alla conclusione anticipata, senza aver costruito nulla, del nostro progetto.

Riferendoci esclusivamente alle attività relazionali mediate dal cavallo, a differenza delle iniziative riconducibili alla pet therapy dove “l’utilizzo” i piccoli animali suggerisce la visita del professionista con il suo “compagno” in struttura, in mediazione equestre la maggior parte dei progetti viene sviluppata fuori struttura, in territorio nuovo e sconosciuto. Questa variabile è un’importante elemento che può facilitare -rendendo particolarmente performativo un soggetto- come inibire (per timore, senso di inadeguatezza, difficoltà ad adattarsi ad un ambiente nuovo…) la partecipazione dell’utenza.

Soprattutto durante i primissimi incontri dove si pongono le basi della conoscenza del cavallo è fondamentale la presenza di una persona di riferimento che possa facilitare lo scambio relazionale e che collabori fattivamente per agevolare il “passaggio di consegne” relazionale con il mediatore, una persona che –se necessario- possa anche mettersi in gioco in prima persona per dare fiducia all’utente che, per imitazione potrebbe venire incentivato nel partecipare alle attività pratiche.

Se la tipologia di utenza prevede la possibilità di svolgere attività in gruppo potrebbe rivelarsi opportuna anche la presenza di un “compagno” più esperto… Ricordiamoci però che le nostre debbono essere sempre delle proposte ed uno stimolo ad imparare, divertirsi o semplicemente ricrearsi; il nostro intervento non deve diventare un’imposizione a fare qualcosa che la persona non si sente: è importante l’osservazione e la decodifica del reale piacere e volontà dell’utente nell’accondiscendere favorevolmente alle attività!

Spesso però la novità della presenza (o del solo argomento) del cavallo attrae l’attenzione e l’interesse delle persone, grazie a quell’immaginario che si crea intorno alla figura del nobile animale ed ai ricordi, storie e favole dove il cavallo ha avuto un ruolo importante. Se si accende la scintilla della novità, la motivazione e partecipazione più o meno attiva dell’utente sono garantite!

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